Ho sempre pensato che le finestre siano gli occhi della casa e che proprio come loro, possano trasmettere sentimenti e stati d’animo.
Possono essere spalancate, serrate, socchiuse, velate. Questo dipende solo da quanto si è disponibili a volgersi verso l’esterno
Il titolo “ Finestre di dolore” è tratto dalla canzone omonima di Francesco De Gregori.
“E credo che fu in quel preciso momento
Che venne da molto lontano un ricordo
Qualcosa di simile a un pianto di madri
E due angeli vestiti di bianco scesero
Con aria stupita e il vuoto nel cuore
E aprimmo al pianto le finestre del dolore”
Elisa Girelloni
Colpisce in questo lavoro di Elisa Girelloni la ricercatezza della composizione che rende l’intera serie fotografica assai disturbante, perché è inevitabile pensare alle fotografie di moda o meglio ancora alle fotografie di architettura d’interni.
Girelloni trasforma, pur mantenendo tutti i canoni espressivi propri della fotografia da rivista, il senso di quelle immagini che dovrebbero trasmettere sicurezza, agio, comodità, luce, proprietà, le trasforma, le ribalta fino ad annullare la proprietà, perché non c’è nulla da possedere, fino a servirsi della luce per svuotare, dei colori per disturbare. Le pose (si tratta di autoscatti) sono spesso scomode, artefatte visibilmente, da queste case non si vede l’ora di scappare. “Le finestre del dolore” allora assumono non solo un significato di nostalgia, ma di rabbia, di fuga dalla morte.
Redazione
Foto di Elisa Girelloni
Molto belle. Alcune mi fanno pensare a un ospedale psichiatrico dismesso, ci vedo tanta sofferenza e solitudine.
Ci ho trovato anche molta rabbia e molta voglia di libertà.