Alice non è in casa

di Jacopo Milani
Copertina: Le uova degli ospiti – Antimonio

Attraverso la vetrina della gioielleria, Ettore li vide passeggiare sull’altro lato della strada. L’uomo con i capelli bianchi indossava la solita giacca di tweed blu, sbottonata sul davanti, mentre la donna nascondeva il proprio viso in quella pelliccia scura che, nonostante fosse maggio inoltrato, continuava mettersi addosso come se si trovassero nel periodo più freddo dell’anno. Attraversarono la strada e suonarono il campanello. Ettore spinse il pulsante sotto al bancone e aprì la porta, accogliendoli con il consueto: «Bentornati, signori» che aveva imparato a dire loro ogni singolo martedì degli ultimi anni. La coppia non batté ciglio, come sempre, e il marito richiuse la porta accostandola per non farla sbattere. La moglie venne verso Ettore con la borsa stretta al fianco, la mano piena di anelli e bracciali che scomparivano nel buio della manica della pelliccia.
«Ha portato quegli orecchini di cui mi parlava la settimana scorsa?» disse lei.
«Prego signora, da questa parte. Le faccio vedere» disse Ettore, e la accompagnò verso una vetrinetta dall’altro lato della stanza. Il marito, intanto, se ne stava zitto in un angolo a guardare i gioielli senza un vero interesse. Ettore girò la chiave nella serratura e prese una piccola scatolina bianca, all’interno della quale era incastonata una coppia di orecchini.
«Eccoli qui, signora».
La donna li guardò, il luccichio dell’oro e dei diamanti si riflesse nei suoi occhi.
«È possibile provarli?».
«Di solito no, ma per lei sì».
La donna allora li tolse dalla confezione, li indossò entrambi e si rimirò nello specchio accanto a sé: una stellina dorata sul lobo, dalla quale scendeva una sottilissima catenina che terminava con un diamante a forma di goccia.
«Si chiamano “Star tears”, fanno parte della nuova collezione. Li abbiamo anche d’argento e d’oro rosa, se le interessa vederli». 
La donna li accarezzò con il dorso della mano. «Quanto vengono?» disse.
«Quattrocento».
Il marito fece qualche passo verso la cassa, infilandosi la mano nella tasca interna della giacca.
La donna annuì e sorrise: «Allora mi imbusti la confezione vuota, li terrò addosso».
«Sarà fatto, signora» disse Ettore e tornò alla cassa, dove l’uomo lo stava aspettando con le mani nel portafogli. «Per lei niente?» gli chiese. Il marito fece di no con la testa. Era di poche parole, l’aveva sentito parlare forse tre o quattro volte, e comunque niente più di monosillabi.
Dopo aver pagato, il gioielliere lo guardò andar via con la moglie che, sull’uscio, disse sorridendo: «Grazie, arrivederci».
Usciti dal negozio, si incamminarono verso la macchina.
«Ti piacciono?» disse Sandra.
«Molto belli» disse Carlo.
«Grazie».
Lui accennò un sorriso, poi estrasse dalla tasca la chiave della macchina. Mentre tornavano a casa, lei non fece altro che guardare il proprio riflesso nello specchietto del parasole, compiaciuta.
Sulla statale, l’automobile che li precedeva andava piano, forse a cinquanta. Carlo provò più volte a sorpassarla ma non ci riuscì, perché nonostante l’altra corsia fosse spesso libera, la strada era piena di curve e quando ci provava spuntava sempre una macchina che gli impediva di compiere la manovra. Così si tennero quell’ingombro per tutto il tragitto e arrivarono a casa quasi mezz’ora più tardi del solito.
Appena entrò, Sandra si tolse la pelliccia e andò in bagno. Mentre si lavava le mani, fissava gli orecchini nello specchio e sorrideva. Carlo, in cucina, guardava l’orologio. Mancavano due minuti alle diciannove. Osservò le lancette compiere il loro giro per due volte, poi quando scoccò l’ora apparecchiò la tavola per sé e per la moglie. Prese due buste di pollo e patate surgelati dal freezer, le svuotò in una teglia e la infilò nel forno.
Sandra entrò in cucina con la vestaglia, ma con gli orecchini indosso, e vide il marito chino a controllare la cottura della cena. Sbirciò la tavola ed emise un profondo sospiro. Aprì lo sportello delle stoviglie, prese un piatto e un bicchiere e li apparecchiò a capotavola. Il marito la guardò e la lasciò fare.
Durante la cena, mentre assaporava il pollo, Sandra sollevò gli occhi al cielo.
«Ma è mai possibile, ogni sera» disse.
Carlo non spostò neppure lo sguardo.
Sandra si alzò, uscì dalla cucina e, nel silenzio del salotto, alzò la cornetta del telefono.
«Chi è? Buonasera. No, Alice non è in casa, mi dispiace».
Mentre parlava, Carlo lasciò cadere nel bicchiere della moglie una pastiglia bianca, che si sciolse subito a contatto con l’acqua. 
«Non so dirti. Va bene, a presto allora» e mise giù. Poi tornò in cucina e continuò a mangiare.
Dopo cena Sandra andò a letto, disse che era stanca. Carlo invece si sedette sul divano e rimase lì per una ventina di minuti, finché non la sentì russare. Poi si alzò, spense la tv e imboccò il corridoio. Si fermò davanti alla porta chiusa. Tirò fuori dalla tasca una chiave, la fece girare nella serratura e accese la luce. La stanza odorava di muffa, il letto ancora disfatto e qualche vestito poggiato su una sedia. Guardò le foto alle pareti: la bambina appena nata, lui, con i capelli non ancora bianchi, la teneva in braccio, poi la bimba al mare, poi il primo giorno di scuola, poi lei in groppa a un cavallo nero. Raccolse un vestito dallo schienale e lo portò alle narici, respirando a pieni polmoni.
Quando si mise a letto, si sentì subito pungere la coscia e si accorse che stava sanguinando. Sollevando la coperta notò l’orecchino di Sandra. Lo prese facendo attenzione a non pungersi di nuovo, e lo posò nel portagioie della moglie.

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