di Redazione
Copertina – Io e Bafometto (Wojtek, 2021)
Gregorio Meier, autore di Io e Bafometto, edito da Wojtek, fa il suo esordio nelle librerie del mondo conosciuto con un volume che resta in equilibrio tra la volontà di essere leggibile, accessibile alle lettrici e ai lettori, e quella di disegnare una cosmogonia laica, complicatissima eppure essenziale, una macchina teatrale (peraltro significativamente presente nel primo racconto, che dà il titolo al libro).
Bafometto, una delle incarnazioni del diavolo (la carne del diavolo? E come è fatta? Quante trasformazioni può subire?), permette l’inizio del viaggio attraverso personaggi, umani e non umani, simbolici, nostalgici del futuro, e soprattutto, in virtù della sua natura rivelatrice di conoscenze, permette a Meier e a noi lettrici e lettori, di sperimentare qualsiasi cosa. Io e Bafometto è un libro che pretende di essere libero, a costo di sofferenze indicibili, a costo della pazzia che viene dalla conoscenza.
Il contenitore formale è la satira menippea, un genere, ho sentito Meier dirlo da qualche parte, non ricordo più dove, estremamente attuale. Può sembrare la posa snob di un ragazzo scrittore esordiente infarcito di cultura classica e contemporanea (tutto il libro rischia di fare questo effetto, purtroppo, e la responsabilità non è tanto di Meier, quanto del percorso sempre più angusto che la cultura classica ha preso a percorrere da molti decenni. Le cause sono molte e molto diverse tra loro, diventerebbe un discorso politico enorme, che qui mi limito ad accennare. Molta letteratura classica e moderna, perché lo stesso discorso vale per tutto quello che il genere umano ha prodotto prima del ‘900, è ormai in mano, padroneggiata, da pochissime persone, studios* per lo più. È un peccato per tante ragioni, non ultima il fatto che è divertente, appassionante, viva. E nessun* o quasi la conosce, compreso me), e invece Meier ha ragione, perfino dopo questa parentesi troppo lunga.
I racconti che compongono l’opera, e che pur potendo non diventano un romanzo (una scelta di volontà geniale), sono leggibili anche senza cogliere le decine, centinaia, di riferimenti ad altre opere, ma è chiaro che ci si perde una bella fetta di divertimento. La prendo alla lontana: questo, nonostante le apparenze, è un libro umile, che richiede però al lettore la stessa umiltà, l’uguale disincanto verso sé stesso. Pieno com’è di letteratura altissima, è un’opera che si sforza di essere bassa, di più, è un libro pop, tanto che può essere riassunto, in un’operazione che più pop non si può, nell’incipit di una canzonetta della Bandabardò, quella che inizia cantando “Bisognerebbe sempre fare sogni grandiosi”. Questo ci dice Bafometto, che come si capisce presto nella lettura, altro non è una delle incarnazioni (di nuovo la carne, la terra, il limite divino) dello scrittore, degli altri personaggi e del lettore e della lettrice. Nei racconti le forme cambiano ma la sostanza muta molto meno, topo o Teseo (due dei personaggi dei racconti), siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni, pensiero messo a fermentare senza una ragione. E più fermenta più diventa alcolico, più diventa alcolico più ci sbronza, più ci sbronziamo più i sogni si fanno grandiosi e gli atterraggi rovinosi, da angeli caduti.
I piani di lettura sono praticamente infiniti, tanti quanti lo sono i rimandi letterari precisi o anche a strutture del mito più vaghe. Il libro si può leggere come avventura onirica, come dramma del passaggio all’età adulta, come rito, come commedia umana, come viaggio alcolico di paese, come rifugio nella pazzia, come paranoia. E poi ce lo si può godere, leggendolo magari più volte, anche solo un pezzetto, per ritrovare una minima nostalgia o scoprire un sogno trascritto male dal cervello o un’altra opera che può farci fare un cerchio concentrico più largo intorno alla natura umana.
Alcune pagine critiche che ho trovato in giro meritano una lettura per profondità di analisi.
– Bafometto siamo noi, di Alfredo Palomba, uscita su Il primo amore
– Io e Bafometto, di Gabriele Esposito, uscita su Quaerere
– La satira menippea di Gregorio H. Meier, di Antonio Esposito, uscita su Grado zero
Aggiungo la conversazione che Meier ha avuto con Tommaso Giartosio a Fahrenheit e il video, molto interessante, della diretta con Gregorio, Antonello Saiz, Alfredo Zucchi, Andrea Zandomeneghi, Chiara Calò e Eduardo Savarese.