La vita sessuale di Guglielmo Sputacchiera

di Carlo Martello
Copertina di Quodlibet

Gugliemo Sputacchiera, protagonista del romanzo di Alberto Ravasio, edito da Quodlibet, non è nemmeno un antieroe, è uno scarto di produzione e quanto dice è tremendo, perché afferma che la produzione è avvitata su sé stessa e gli scarti hanno superato i prodotti finiti.

Il romanzo, da un punto di vista concettuale, prende in prestito un incipit memorabile e celeberrimo, ma qui il protagonista non si ritrova trasformato in uno scarafaggio, destinato a essere scacciato dalla famiglia e dalla società. Gugliemo Sputacchiera invece si ritrova transessaulizzato e più tardi assumerà la nuova identità di Carmela Pene (Ravasio sostiene a Radio3 di aver scelto questo nome solo perché gli  faceva ridere, ma senza anticipare nulla dell’intreccio del romanzo, l’ombra di Carmelo Bene si sente forte e chiara, specie nel finale drammatico).

Un incipit così, e poi la struttura a capitoli chiusi del romanzo, e lo stile grottesco che caratterizza tutto il lavoro di Ravasio, fanno passare in secondo piano l’epigrafe del romanzo, che invece illumina il testo a posteriori. Ravasio sceglie le parole di Mario Mieli:

Le vesti che rifiutate, care compagne, non bruciatele, potrebbero servire a qualcuno: noi le abbiamo sognate da sempre.

Mario Mieli

Questa epigrafe e il finale racchiudono il romanzo idealmente  e ne direzionano il senso e lo spirito.

Si è detto di Kafka, di Carmelo Bene, non si è detto di Fantozzi, che è l’esempio di grottesco italiano imprescindibile se ci si propone, come fa questo romanzo, di raccontare attraverso un personaggio dai tratti esaltati la società presente. La vita sessuale di Gugliemo Sputacchiera è un libro divertente, spesso comico, popolato da invenzioni linguistiche frequenti, da personaggi picareschi e a una prima occhiata improbabili perché grotteschi, invece assolutamente realistici e spaventosi nella loro aderenza al reale. Il ritratto della provincia italiana è feroce ma non ingiusto, e l’Italia è tutta provincia, le nostre metropoli fanno ridere se confrontate alle metropoli mondiali. Siamo proprio questa fauna attraversata da Gugliemo Sputacchiera nelle sue drammatiche giornate da donna e il meccanismo della risata grottesca, iper-razionale per definizione, ci dissolve nell’equivoco dell’appartenenza: a chi apparteniamo davvero? A questa società? A chi l’ha costruita? Dov’è la libertà promessa o solo immaginata? Qual è il senso di produrre? Io sono mio? E se non sono mio di chi sono?

In questo viaggio, alcuni elementi spiccano con maggiore evidenza di altri. Si parla di “vita sessuale”, perché Guglielmo Sputacchiera ha trovato, dopo molte ricerche, nell’abuso di pornografia la sua dimensione identitaria. La descrizione che Ravasio fa del porno e del rapporto che con il porno ha il protagonista del suo romanzo, non solo è estremamente contemporanea, ma riesce a tradurre una ricerca che non è solo legata al consumo pornografico, ma al ruolo dei desideri, delle aspettative, delle ambizioni, nella vita di una generazione, quella di riferimento di Sputacchiera e del suo autore Ravasio, nonché dello scrivente queste pagine. Il porno, e il rapporto che abbiamo con il porno, diventano occasione di liberazione mediata e privata, apparentemente l’unica possibile. Il gioco si rompe, Sputacchiera si ritrova oggetto del desiderio e costrettə a cercare la liberazione altrove. Qui comincia il viaggio e qui comincia il romanzo, nella consapevolezza di una nuova ricerca, di nuovi problemi, nuove aspettative, nuovi trucchi per sopravvivere.

L’altro elemento fondamentale nell’economia del romanzo è la gestione dei sentimenti e delle capacità proprie della specie umana. Le intelligenze, nel pianeta Sputacchiera, sono sempre nascoste e represse, come la verità. Semplicemente non sono ammesse. Le tenerezze non sono contemplate, sono affare da mezze seghe. Eppure esistono, in forme strane e bislunghe, forme che si sono adattate a un presente e a una storia ostili, ma esistono e Ravasio, in questi frangenti il romanzo prende le direzioni più poetiche e impreviste, ce le mostra; ci mostra le tenerezze e lo stesso fa con le intelligenze scrivendo pagine in cui i personaggi, non solo Sputacchiera, ma anche sua madre Alida, l’amico Guido Coprofago, raccontano la verità, pura e semplice. Il contrasto con gli effetti grotteschi del romanzo non esiste, in parte grazie allo stile che usa, parafraso a memoria una dichiarazione di Ravasio, “un parlato aulico”, in parte però in virtù del fatto che la verità è grottesca quanto l’invenzione, se non di più.

La vita sessuale di Gugliemo Sputacchiera è quindi un romanzo comico, grottesco, ma anche un romanzo filosofico, precisamente di liberazione sessuale. È un romanzo politico, perché invita esplicitamente a una liberazione, ad assumere un’altra forma, prendendo in prestito alcuni elementi fondamentali del pensiero di Mario Mieli e dellə studiosə che sono venutə dopo.

Detto di tutto questo, e senza voler rivelare niente della trama, il romanzo attraversa momenti di tenerezza, di autentico dramma, di amore, di riflessione sociale, di osservazione urbanistica, conservando una distanza intellettuale definita dallo stile che lo rende anche un libro molto divertente da leggere, con alcuni momenti esilaranti. 


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