Babylon – Una storia in bianconero

di Andrea Frau
Copertina di Antimonio

Erano i tempi di Babylon: quelli dei nove scudetti consecutivi, degli eccessi di ogni tipo, delle feste pantagrueliche e dell’immoralità gioiosa, dell’ebbrezza orgiastica, trofei e vittorie, record su record, plusvalenze quantomeno spregiudicate. Pensavamo di essere invincibili, l’apice del delirio di onnipotenza lo raggiungemmo quando alla grande festa portammo la creatura più maestosa mai vista, l’enorme elefante chiamato Cristiano Ronaldo. Erano i tempi di Babylon: quelli della grande Juve.

Ma poi è arrivato il sonoro: le intercettazioni. I moralisti e i perbenisti così hanno soffocato la nostra gioia spensierata. L’hybris ci ha punito e l’ingombrante pachiderma ci ha bellamente e prosaicamente defecato in faccia.

Quando si giocava, dentro e fuori dal campo, tutti stavano attentissimi a non dir nulla di sconveniente, per paura di essere intercettati e che entrasse il sonoro in campo. E allora eccoci a dialogare in codice, con la mano a coprire la bocca, perfino quando davamo la buonanotte ai nostri figli.

Oh cari puritani, continuate pure il vostro falò delle vanità, mettete all’indice i nostri libri contabili, bruciate sul rogo le audaci plusvalenze, veri e propri virtuosismi tecnici da fantasisti.  Chi l’ha detto che un ragioniere non possa eseguire una pregevole veronica contabile, seguita da doppi tunnel e rabona finanziaria? Ci vuole classe e fantasia per continuare a competere contro Premier League, Bayern, Real, Barca e PSG. Morirete mediocri e dimenticati, ma ligi ai vostri codicilli. Ma noi, con le finali di Champions, con Cristiano Ronaldo, con Rovella valutato 18 milioni e Portanova 10, vi abbiamo mostrato il vero significato del verbo sognare.

La società è forse meglio di noi? Non credo proprio. Perché allora il calcio dovrebbe essere diverso e migliore? Noi ricalchiamo il mondo in cui viviamo, questa è la vera onestà, il giusto realismo.

E invece voi bacchettoni vorreste che dessimo l’esempio, dovremmo essere l’unica industria del paese virtuosa, intonsa. Bene, continuate pure la vostra crociata bigotta. Il cinema europeo e la Premier League, scevri da questi condizionamenti, dal codice Hayes della Procura di Torino e dei suoi guardiani della morale, sentitamente ringraziano.

In passato hanno provato a cambiarci. Ci hanno fatto esibire con la faccia pitturata, ci hanno umiliato e cancellato l’identità,  dicevano che allontanavamo la gente dallo show, che la stavamo spaventando. Dopo Calciopoli hanno violentato la nostra anima nel peggior modo possibile: hanno cercato di renderci simpatici. Abbiamo avuto Del Neri, Ranieri, Ferrara. Ci volevano così: buffi, inoffensivi e soprattutto BUONI. Oh, quanto ci avete fatto incazzare. Noi siamo i villain, perdio! Ogni storia ha bisogno di noi.

Torneranno ancora i favolosi anni di Babylon? Quelli dei film muti e omertosi, quelli in bianco e nero con i ruoli di genere ben definiti, vincitori e perdenti, prima del giustizialismo woke. Ora vogliono vincere anche le milanesi, perfino il Napoli! Dite che c’è un nuovo target di spettatore, che essere inclusivi conviene, che è redditizio, che aumenta l’appeal del campionato. Cazzate. Lo fate solo perché volete colpire la società più titolata d’Italia. Per invidia di classe, non per giustizia. Grazie al nostro spirito visionario e ambizioso riuscimmo a rendere psichedelici e colorati perfino il bianco e nero. La vostra tecnologia invece ucciderà il romanticismo. Il var, il sonoro e i colori decreteranno la fine del nostro sogno di bambini.

La pietra tombale sarà l’introduzione della gogna semi-automatica. Appena si oltrepasserà la linea di quello che voi avete definito “decoro” il malcapitato che si è spinto più in là verrà umiliato dai media, lapidato sui social ed estromesso dalla vita pubblica. Proveremo a partecipare alle vostre feste, a esser educati e adamantini come voi, faremo autodafé, ma poi non resisteremo e vi vomiteremo tutta la nostra anarchia italiana, indomabile e selvaggia. Un leone non può diventare vegano in ossequio al politicamente corretto. Siamo capitalisti, non signorini, abbiamo una fame sottoproletaria, non la pancia piena dei borghesi. Vorreste che pagassimo per le nostre malefatte? Certo, pagheremo, ma in Olanda. Una grande società come noi per sopravvivere nel mercato non può permettersi un lusso come la coscienza. Il senso di colpa è il primo taglio che fa ogni manager degno di questo nome. Quando un aereo precipita tutti gli oggetti più pesanti e superflui vanno buttati giù.

Nel nuovo calcio non c’è più spazio per le vecchie e decrepite star. I volti che una volta facevano emozionare il pubblico, ora ammuffiti e avvizziti, al massimo destano compassione. Una vittoria risicata 1 a 0 in casa contro una provinciale suscita ilarità. Allegri è come un divo del cinema muto che ora, con l’avvento del sonoro, rivela di avere una voce stridula e sgraziata. Sono lontani i tempi in cui Nedved LaRoy correva senza freni con un’energia mai vista e la voglia di emergere. Il giornalismo che una volta incensava i vincenti e ne nascondeva le ombre ora infierisce e banchetta sulle spoglie del corpo dello sconfitto agonizzante. La dirigenza di Agnelli, con Paratici prima e Arrivabene poi, sembrava essere entrata in una spirale autodistruttiva e Allegri è stato chiamato a tirarla fuori, cercando di rianimare il vecchio spirito Juve che sembra perduto ormai.

Jack Conrad è uno di noi, del tempo che fu, delle vittorie a corto muso, del se volete lo spettacolo andate al circo, un residuo del passato, ostinato e contrario che non molla. Volete costringerlo a snaturarsi? Proverà a scimmiottare i Gasperini, i profeti del calcio offensivo, smantellerà l’equilibrio difensivo, farà quello che volete, anche lui si pitturerà la faccia e cercherà di conversare in modo forbito di tattica e calcio di posizione. Ma anche se lo facesse saprebbe in cuor suo che nei bagni di Sky e Dazn si ironizza su di lui, sul suo essere inadeguato e anacronistico. Crudeli commentatori, lui sarà pure superato, ma il suo palmares rimarrà nella storia. Voi anonimi opinionisti non rimmarrete, lui sì. Lui sarà immortale come Jack Conrad. E tra cent’anni come Manny tornerà a Vinovo in gita e dirà ai suoi nuovi giocatori annoiati: io una volta allenavo qui.

Caro Andrea Agnelli, ci hai messo in difficoltà con le tue spese folli e col tuo vizio del gioco. Per colpa tua eccoci qua a cercare di spacciare plusvalenze gonfiate come soldi falsi ma non scamperemo a quel feticcio mostruoso e sfigurato chiamato Giustizia. Per colpa tua ci addentreremo nella Suburra vera, quella del Così fan tutti, catabasi nelle catacombe del vizio, nel sottosuolo della perdizione. Vedremo un mondo folle e corrotto, violento e amorale. Procuratori che sodomizzano giovani talenti, anime di calciatori traghettate su fiumi di Micoren, allenatori che insegnano a simulare il pianto e il riso a ragazzi senza più cuore, artisti in overdose che muoiono in camerino prontamente sostituiti; ci ritroveremo a lottare contro i serpenti neroazzurri nel deserto a porte chiuse, a cantare Singing in the rain al Curi di Perugia, a quotare in borsa la nostra disperazione, a intercettare i morti con tavole ouija, a vendere i diritti tv della nostra confessione.

Lancia anche tu il colpevole al mostro, guarda come gli stacca la testa e lo divora, il disgraziato squittisce disperato, il pubblico dei nemici si esalta, è in delirio, spende sempre di più per lo spettacolo.

E allora Babylon, la grande festa è finita. Vediamo Pavel malinconico andare via barcollando per una strada lugubre. Grazie di tutto, presidente, dice.

Il film finisce proiettando il bianco e il nero, sparati in loop. I daltonici epilettici ne stiano alla larga. Passano in rassegna le imprese della Juve di Andrea Agnelli. Il sogno della SuperLega è stato per Agnelli quello che è stato il sole per Icaro. Il salotto buono dell’UEFA emargina i parvenu della SuperLega. Il teatro del calcio europeo schifa il cinema del calcio italiano.

Poi in una ripresa dall’alto dello Stadium si vede il pubblico, testoline paganti tutte vicine. Sembrano tasti di un computer. Se potessimo intercettare i pensieri di ogni tifoso: quanto rancore, quanto odio, quanti sussurri razzisti, quanti sogni economicamente insostenibili, quanta volgarità. Ogni testa, un tasto da schiacciare per scrivere il grande atto d’accusa all’umanità. Intercettateci tutti, mondate il lordume del tifo becero. Raddrizzate il legno storto dell’umanità.

Quei quindici punti di penalizzazione oggi ci sono, domani chissà. Ma la Juve è come il cinema per Chazelle, nonostante tutto, non muore mai. Come ogni buon villain che si rispetti.


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