Abraham Yehoshua

di Paola Taboga
Copertina di Wikipedia

Uno che diceva sì.

È morto qualche mese fa. Non smetto di pensarci.

E non solo perché Abraham B. Yehoshua è stato uno scrittore raffinato, innovatore fra i più originali e coraggiosi che mi sia capitato di incontrare nella vertigine delle mie letture affamate e vagabonde.

Ma anche perché l’avevo conosciuto, incontrato. Intervistato.

E adesso mi resta il bisogno profondo di ricordare quel giorno. 

Era il 1998.

Per una combinazione, il mio viaggio agostano in terra ebraica si era incrociato col progetto di una nuova rivista letteraria che avrebbe dovuto vedere la luce di lì a pochi mesi.

Con un’incoscienza che oggi forse non avrei, insieme a una collega avevo proposto l’intervista.

E lui, Boolie, aveva detto sì.

Si rendeva disponibile a incontrare due donne italiane sconosciute che dicevano di amare la scrittura e i suoi libri e, come unica credenziale di visibilità, millantavano la nascita di nuova rivista che avrebbe ospitato quella nostra conversazione in apertura del numero zero. Un progetto in fieri e solo in forma di idea, senza il sostegno di nomi famosi. Un sostanziale nulla.

Ma lui ha accettato.

Boolie era un uomo curioso. Era uno che diceva sì.

Il viaggio prima del viaggio

All’epoca A. B. Yehoshua abitava ad Haifa, nella parte alta della città, in un ordinato quartiere residenziale orlato di edifici bassi e chiari.

La sua casa era bella, ma non lussuosa. Ci eravamo accomodate su un grande divano che troneggiava nel salotto luminoso di fronte a un tavolino apparecchiato con qualche biscotto di benvenuto che lì per lì mi erano sembrati una decorazione da non toccare.

Lui, cordiale e accogliente si era seduto di fianco, su una poltrona. Ci guardava. E sorrideva, con quel nasone che troneggiava sullo sguardo mite. Aspettava che iniziassimo a parlare.

Ma la mia voce restava inghiottita nella glottide.  

Non era solo soggezione. Era per l’affollamento, lì su quello stesso divano, dei suoi personaggi, delle sue storie che mi portavo dentro da quando avevo scoperto i suoi libri. Quell’incantamento.  

Volevo parlare di loro. Chiedere di loro. Senza tradirli o giudicarli.

E mi sentivo anche a disagio per averne preferiti solo alcuni.

Ma l’incantamento non è democratico.

L’incantamento si insedia nella zona selvaggia del cervello: è puro istinto.

Una delle cose che Abraham Yehoshua mi disse in quel nostro incontro è che “gli atti spirituali devono essere dimostrati” per consentire che la letteratura si componga di simboli in cui ci si possa riconoscere.

Tanto da farsi desideri, avevo pensato.

Ecco. È nato così, il mio viaggio in Israele prima del viaggio in Israele.    

Dell’incantamento e i suoi perché

Atterrando all’aeroporto di Ben Gurion mi ero ritrovata in compagnia miei personaggi preferiti.

Erano talmente familiari che mi aspettavo di incontrarne qualcuno uscendo per le strade di Haifa o di Gerusalemme. Alcuni ancora più di altri. E vi spiego il mio perché. Del tutto personale, lo so. Potreste non essere d’accordo.

Il protagonista de L’amante, quell’uomo profondamente morale, nell’incipit dice che “…   noi nell’ultima guerra abbiamo perso un amante. Avevamo un amante, e da quando è cominciata la guerra non lo si trova più, è sparito.”   E lui, il marito, si mette a cercarlo. Il mistero di quella scomparsa causata dalla guerra del Kippur rincorre l’incapacità dell’uomo di restituire la felicità perduta della moglie che, solo grazie all’amante, aveva ritrovato l’antico splendore dello sguardo. Giravo le pagine e sentivo e vedevo quell’umanità in bilico alla ricerca di un nuovo equilibrio. Una ricerca fatta per amore. Con un amore assoluto. Un amore eversivo, che sente di non avere scelta. Un amore così potente da riuscire a immaginare persino la riconciliazione dei due popoli.

Ma ho amato molto anche la mediocrità di Molcho, il protagonista de Le cinque stagioni, che deve percorrere il lutto per la perdita della moglie. Molcho attraversa quelle sue nuove stagioni in modo spesso goffo ma trova il modo di abbagliarci con iperboli di intuizione e sensibilità, perché “sa riconoscere quando un essere umano merita pietà”. E il lento e tortuoso ritorno alla vita lo porterà di fronte allo stesso incantamento dell’inizio: perché – conclude Molcho – innamorarsi rappresenta l’unica “cosa” da fare.        

Le conversazioni monodirezionali del Signor Mani – quel libro così arduo – mi hanno accompagnata nelle anse di una saga famigliare che scorre attraverso ben sette generazioni, raccontate per la voce sola dai diversi Signor Mani. E qui ho sentito l’incanto farsi simbolo e costruire la sostanza di un popolo perché al centro rimane e resiste l’eredità ebraica da cui nessuna generazione può affrancarsi.

E infine, il mio preferito. Nella lucidità e la struggente poesia di Un divorzio tardivo si compie il miracolo dei nove giorni di Pasqua con le voci multiformi e i cuori malfermi di una famiglia tornata in Israele per chiudere un legame matrimoniale oramai esaurito, precipitato anche nella malattia psichiatrica. Ma quell’addio diventa rappresentazione, immagine capace di coinvolgere tutte le generazioni della famiglia e anche l’identità ebraica, divisa fra diaspora e nuovo stato nazionale.

Ecco. Sono stati questi respiri corali, inchiodati al prisma di uno splendore narrativo potente a mettermi in quell’incantamento a portarmi lì, di fronte a Boolie.    

Il viaggio durante il viaggio

Non so più chi aveva rotto il ghiaccio, quel pomeriggio. Forse lui.

E poi è stato con eroico divertimento che ha resistito al fuoco di fila delle nostre domande un po’ in inglese e un po’ in francese. Abbiamo parlato per un paio d’ore finendo a rotta di collo dentro vere correnti di entusiasmo, come quando aveva ribadito il concetto che si “deve credere nel lettore”. Perché del Signor Mani tutti gli dicevano che nessuno l’avrebbe letto, era troppo difficile. Ma invece bisogna rischiare, aveva asserito con forza. E – infatti, guarda caso – quello era il libro che aveva avuto più successo. Perché chiedere fiducia al lettore, esigere uno sforzo, una partecipazione attiva, regala riconoscenza. Il libro diventa parte del lettore, creando un terreno comune di incontro, fino a farsi complicità. 

Sentivo che niente era più vero: io stessa ero lì, nel suo salotto, anche per questo. Per gratitudine.

E mi sentivo io l’eletta, scelta dal suo romanzo e non il contrario. L’avevo capito in quel momento.

In questi giorni ho riguardato gli appunti di quell’intervista. Molte delle sue risposte alle mie domande iniziano con “sì è così”. Ritrovo ancora adesso la felicità piena di quella sintonia.   

Il viaggio durante il viaggio, insieme.   

La curiosità

Abraham B. Yehoshua è impresso nel mio ricordo come un appassionato osservatore della vita.

Una creatura abitata da una gentilezza tanto curiosa quanto inarrestabile che da scrittore distillava in storie, trasformando gli eventi in successione di piani narrativi. Per sua stessa ammissione però, non si concentrava sui mondi, si definiva uno scrittore che si muoveva negli argomenti. E infatti, a un certo punto la sua curiosità aveva ceduto alla sequela delle domande su di noi: cosa pensavamo di Israele? Che impressione ci facevano le varie città? E la gente? Di cosa parlavamo con le persone che incontravamo? In cosa ci apparivano diverse? Come venivamo accolte? Cosa stavamo scrivendo noi? Cosa ci interessava?

Un viaggio alla pari, nell’alternanza delle curiosità.

Mentre gli rispondevo avevo persino mangiato uno dei biscottini che sua moglie Rivka aveva apparecchiato per noi, sul tavolino di fronte al divano bianco.  La sua fame era contagiosa.

La scrittura e l’amore. E anche l’amore e la scrittura.

E poi siamo tornati alla scrittura, all’amore che mi sembrava di trovare sempre in tutti i suoi libri.

Amori potenti, ma diversi. Amori liberi, lontani dalla gelosia e dal possesso e che pure erano il motore centrale delle vite dei personaggi, spesso oscillanti fra comunione e isolamento.  Fino a spingersi al confine della nevrosi. Ma sull’amore  Boolie era dubbioso. Ammetteva, facendosi perplesso, che i suoi personaggi non amassero a sufficienza. Ma lui invece, li amava tantissimo e, infatti, ha confessato con un sorriso, che non avrebbe potuto scrivere di nessuno di loro se non li avesse amati.

Nel secolo scorso – aveva proseguito, facendo serio – la letteratura costituiva un luogo privilegiato dove si affrontavano le questioni morali. Oggi, aveva aggiunto, i media dibattono continuamente su temi che attinenti o riferibili alla morale. Dal lato istituzionale poi, ci sono le leggi, le aule dei tribunali e qui vengono risolti i problemi morali. La legge quindi, interpreta e rappresenta la morale. Da un altro punto di vista, la psicologia spiega il comportamento ma evita qualsiasi giudizio.

Però è necessario prendere posizione, e questo può essere uno dei ruoli della letteratura, aveva concluso con decisione.

Ecco, forse è stato anche questo a produrre l’incantamento per i suoi libri. L’orizzonte chiaro dell’impegno, del coraggio. La libertà di esplorarlo, raccontandolo.

Il viaggio dentro un altro viaggio.  

Un grande viaggio

Sua moglie a un certo punto aveva fatto capolino, dall’alto del ballatoio che correva lungo l’intero

perimetro di quel grande salotto, che ospitava una libreria alta fino al soffitto. 

È sempre stata la sua prima lettrice, lo sapevo.

Quel brevissimo apparire, un lampo di curiosità, mi aveva lasciato l’immagine di una donna che mi sarebbe tanto piaciuto conoscere.

Quando, congedandosi, mi ha detto “la scrittura non inghiotte la mia vita. Non la considero una priorità assoluta. La vita è la cosa più importante. La vita di coppia, di relazione.”

Ma per certo, la scrittura lo ha tenuto in vita anche dopo la scomparsa dell’amata Ika e lo ha accompagnato fino alla fine, proprio per sua esplicita ammissione.

E questo, mi consola.   

È stato un grande viaggio, quello di Abraham B. Yehoshua.

Ancora grazie Boolie, di quel regalo, di aver detto sì. Di avermi portata in viaggio fino al tuo salotto.

Su Abraham Yeoshua

(Gerusalemme, 1936 – Tel Aviv, 2022) è stato uno dei maggiori autori israeliani. La sua scrittura si è concentrata intorno ai temi dell’amore, dei legami famigliari e dell’identità ebraica mescolandoli e sovrapponendoli con grande creatività e poesia. E, soprattutto, profonda tolleranza.

Insieme ad Amos Oz (deceduto nel dicembre 2018) e David Grossman ha contribuito a far conoscere e apprezzare la letteratura israeliana a livello internazionale. I tre autori hanno condiviso anche un impegno politico attivo sulla questione Israele/Palestina.

Alla sua intensa attività letteraria Abraham B. Yehoshua ha inoltre accostato quella di docente in prestigiose università: da Harvard, a Chicago, a Princenton, per poi ottenere una cattedra all’Università di Haifa.  

La sua produzione letteraria conta svariati romanzi apparsi tra il 1977 e il 2021 cui si aggiungono quattro raccolte di racconti, diversi saggi e opere teatrali . Si è affermato a livello internazionale con il romanzo “L’amante” (1977) cui sono seguiti Un divorzio tardivo, Cinque stagioni, Il signor Mani, Ritorno dall’India, Viaggio alla fine del millennio, La sposa liberata, Il responsabile delle risorse umane, Fuoco amico, La scena perduta, La comparsa, Il tunnel, La figlia unica.  

Alcuni dei suoi romanzi sono diventati film e le sue opere sono state tradotte in una trentina di lingue.


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12 Comments

  1. Raffinata e giustamente compiaciuta, Paola Taboga mostra la lunga complicità che gli autori amati sollecitano nei nostri sentimenti e la incontenibile gioia di scoprire che la fortuna aiuta davvero le audaci. Anche le più miti.

  2. Deve essere una cosa strana ed emozionante fare un viaggio (già con i suoi effetti di vagheggiamento, spiazzamento, spaesatezza) e incontrare un gigante. Anzi un Grande Gigante Gentile.
    Il pezzo di Paola Taboga racconta come è e cosa fa pianificare e poi pazzamente provarci a provocare questo incontro, mischiando memoria e desiderio. Persone personaggi situazioni e racconti non hanno un confine nettissimo, tra loro, nella storia di questo viaggio incontro intervista, ed è esattamente il bello della narrazione stessa, la cosa che ti tira dentro e che ti fa sembrare di esserci un pò anche tu, in quel salotto.

  3. Piacevolissima lettura, Paola Taboga ha trasmesso tutta la sua passione per la scrittura di Yehoshua e l’umanità del personaggio. Rimane la voglia di assaggiare i biscotti di benvenuto sul tavolino!

  4. Che emozione deve aver creato quell’incontro, con un uomo, un artista di spessore non comune. Brava x l’audacia, brava x aver vissuto pienamente l’emozione di quell’incontro così prezioso, brava per aver trattenuto le sensazioni, ancora tanto vivide. Ed è invidiabile la coincidenza del vostro sentire. Momenti unici che regalano senso.

  5. Ho letto con molto interesse l’articolo di Paola Taboga. È riuscita a far sedere anche il lettore su quel divano per condividere insieme a lei l’interesse e l’affetto per quel grandissimo scrittore.
    Immagino che se qualcuno non ha ancora letto i suoi libri, correrà in libreria ad acquistarne qualcuno.

    1. Paola riesce a far rivivere l’atmosfera e l’emozione del momento anche a distanza di tempo, rendendoci partecipi di questo incontro unico, come se anche noi fossimo seduti lì, a condividere la passione per i sogni e la letteratura. Grazie!

  6. L’amore di A.B.Y. per le sue creature letterarie e per la sua compagna di vita, l’amore di Paola Taboga per il personaggio intervistato …. Ad un concetto astratto come l’amore la Taboga ha permesso di affiorare in modo spontaneo, concreto, tangibile

  7. Mi ricordo quando Paola, al ritorno dal suo viaggio in Israele, ci raccontò dell’incontro avuto con A.B. Yeoshua e dell’intervista che era riuscita a fare ad uno degli scrittori da lei più amato.
    La stessa contentezza e ammirazione di allora, la rivedo e la rileggo nelle sue parole ora scritte che raccontano dell’incantamento per lui, per i suoi libri, i suoi personaggi e le sue storie d’amore e di impegno sociale.
    Un viaggio per chi legge e si ritrova là, a casa di Boolie a sorseggiare the con lui.

  8. Paola è in grado di trasferire la sua emozione nell’incontro con lo scrittore e nel contempo lo scrittore stesso.
    Articolo che si legge tutto d’un fiato.
    Grazie!

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