Per un’ipertrofia oppressiva delle geometrie familiari.

di Andrea Zandomeneghi
Copertina di Zona 42

Il cambiamento nella famiglia – che poi è una rovina, la rovina prodotta dalla conflagrazione cruenta tra un’istanza di trasformazione in virtù dell’irruzione del nuovo e la pervicace volontà di permanenza immutabile del dispositivo principale dello status quo ovvero quella struttura organizzativa che irradiando significati informa persone e società e che è costituita da un padre, una madre, dei figli, dei nonni – è innescato da un pacco inatteso, dentro c’è un cubo, il cubo si trasforma in una ragazza bianca muta che può assumere la forma di tutte le cose, può cambiare colore (è così che comunica) e si nutre di oggetti inorganici. La storia di questa rovina è al centro del primo romanzo (breve) di Luca Marinelli (Flessibile Elastica Plastica, a cura di Elena Giorgiana Mirabelli) e questa rovina non è che una progressiva e irrefrenabile catabasi negli inferi disturbanti della famiglia, quell’artefatto interpersonale che si pensa come un a priori necessario (e naturale!) e che è investito della missione della perpetuazione coatta dei sistemi di attribuzione dei significati e delle istituzioni sociali dell’ancien régime, la mappatura tradizionale e misoneistica della realtà antropica.

Abbiamo quindi una fusione di Teorema di Pasolini (la realtà familiare sconvolta dall’ingresso nella stessa dell’eros nudo e non addomesticato dalle convezioni per il tramite di un giovane parente) e della serie tv Humans (quello stesso sconvolgimento passa attraverso il desiderio erotico del padre per l’avvenente androide/elettrodomestico che ha portato in casa), ma se nel primo lo sconvolgimento consiste nella disgregazione della famiglia borghese (il padre dona agli operai la sua fabbrica, la madre diviene una ninfomane, la domestica diventa verde e levita, il figlio imbocca la via della pazzia artistica) e nel secondo nella rimodulazione plastica del dispositivo familiare che si fa accogliente verso il nuovo che anzi contribuisce a salvare dalle violenze passatiste, luddiste e speciste umane, in Flessibile Elastica Plastica lo sconvolgimento non intacca la radice del dispositivo familiare che assimila, digerisce e defeca il nuovo che irrompe ovvero la ragazza bianca. Cioè in Marinelli le strutture familiari resistono e il nuovo è violentato, annichilito, strumentalizzato e fagocitato. Se in Teorema quindi la famiglia esplode e smette di esistere e in Humans la famiglia si riforma adattandosi al nuovo contesto, in Flessibile Elastica Plastica permarrà salda e si trasformerà in una macchina di tortura del nuovo. La somma degli stessi fattori (famiglia + irruzione nuovo) dà in queste tre opere tre risultati riversi: morte della famiglia, rinnovamento della famiglia e morte del nuovo.

La famiglia è così forte in questo romanzo perché i suoi membri non hanno nome, è una famiglia astratta (tanto astratta da risultare alienata), archetipica, come astratti e archetipici sono i suoi membri ridotti a funzioni: padre, madre, figlio, figlia, nonna. Alla base del testo c’è dunque un naufragio nel mondo platonico delle idee, ma il mondo delle idee non è che una metafisica del reale e come tale è conservatrice e refrattaria a qualunque cambiamento. Se quindi il campo di scontro tra la famiglia e il nuovo è platonico la prima ha già vinto e il secondo è destinato a soccombere: nulla è più reazionario della metafisica, perché questa disconosce il carattere continuo dell’essere matrice e crogiuolo del molteplice e non fa che spezzettarlo e fissarlo (l’essere) in costellazioni di enti definiti e nominati e normati. La metafisica è una dogmatica immutabile dimentica del πάντα ῥεῖ eracliteo e più in generale della natura della realtà che è continuum brulicante dinamico. Senza dinamica non c’è movimento e senza movimento non c’è cambiamento, la possibilità di aprirsi trasformativamente al nuovo è negata in partenza. La rovina ut supra è dunque la rovina del nuovo, non della famiglia, è la rovina del nuovo nella famiglia, la rovina del nuovo straziato dagli ingranaggi di quell’immane schiacciasassi semantico che è la famiglia. Perché questo trionfo delle mostruosità familiari? Se anche leggendo il testo non è possibile rispondere con precisione, sicuramente ciò che emerge è un fortissimo pessimismo antropologico.  

Il nuovo che incontriamo in questo testo è un nuovo solo apparentemente fantascientifico: la ragazza bianca, è un modello Elena, un prodotto dell’industria Zvezvda, come tale più che magico dovrebbe essere tecnologico. Invece ha caratteri schiettamente fantastici, un fantastico che todorovianamente è incline al meraviglioso. Mi pare che possa aver senso definire l’antirealismo scarnificato (la prosa è chiarissima – salvo una pagina eterogenea d’imbizzarrimento pregevole – e lineare, asciutta, anzi prosciugata di qualunque orpello o descrizione o dettaglio) di Marinelli fantascienza magica astratta.


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3 Comments

  1. “…questa rovina non è che una progressiva e irrefrenabile catabasi negli inferi disturbanti della famiglia, quell’artefatto interpersonale che si pensa come un a priori necessario (e naturale!) e che è investito della missione della perpetuazione coatta dei sistemi di attribuzione dei significati e delle istituzioni sociali dell’ancien régime, la mappatura tradizionale e misoneistica della realtà antropica”.
    Ma davvero hai scritto una supercazzola del genere? Tutto l’articolo in realtà lo è.

    1. Beh, sì, l’ho scritto davvero. Mi spiace non sia di tuo gradimento. Leggerò volentieri i pezzi del tuo blog per imparare.

      Stammi bene.

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