Poliamore. Riflessioni transfemministe queer per una critica al sistema monogamo

di Silvia Penso
Copertina di Eris Edizioni

«Da tempo sentivamo la necessità di un libro in italiano che trattasse le non monogamie, scritto con un linguaggio semplice e accessibile a tuttə (anche alle persone non politicizzate sul tema), che però allo stesso tempo inquadrasse il discorso da un punto di vista politico radicale. Pensiamo, infatti, che il poliamore e le non monogamie non siano semplicemente un modo “alternativo” di vivere le proprie relazioni, ma che abbiano il potenziale di mettere in discussione l’organizzazione del nostro sistema relazionale. Inoltre, il sistema relazionale si interseca con gli altri sistemi che dominano la nostra vita (quello economico, politico, di sesso/genere, ecc). Ci sembra che da tempo la comunità poliamorosa ricerchi un testo con queste caratteristiche e crediamo nella lettura come strumento per creare senso di comunità e fare rete».

È questo l’intento con cui Car G. Lepori e Nicole (nic) Braida hanno scritto Poliamore per Eris Edizioni. È un libro piccolo ma importante, perché si rende veicolo di una missione nell’indicare limiti e alternative al sistema di vincoli relazionali riconosciuti dalla società come gli unici legittimi, e diventa, inoltre, manifesto politico col mettere a nudo le interconnessioni coercitive celate dietro le strutture famigliari, svelando reti di potere collegate al sistema economico e patriarcale. Il saggio è scritto da una prospettiva poliamorosa transfemminista queer, ed è questa visione che analizzeremo parlando del libro, sebbene l’importanza di scritti come questi risieda già di per sé nel dichiarare che esistono opzioni alternative a un solo costrutto, incapace di rispecchiare le diversificate volontà sociali. Il poliamore è rappresentato come una possibile scelta, tra altre, in opposizione al sistema binario e monogamo in cui molte persone non possono riconoscersi, dove qui il termine poliamore vuol essere un «ombrello per indicare la pratica o la possibilità di intraprendere più relazioni affettive contemporaneamente con il consenso di tutte le persone coinvolte. Usiamo l’aggettivo ‘affettive’ per mantenere il più ampio possibile lo spettro di possibilità relazionali e non dare una connotazione necessariamente romantica e/o sessuale a queste relazioni», includendo diverse possibilità nell’universo poliamoroso, come ad esempio la coppia aperta, lo scambismo o l’anarchia relazionale.

Al fine di esplorare le dinamiche dei rapporti, e comprendere il funzionamento e i motivi di ideologie e regole che parte del mondo si è data, il saggio parte da una riflessione sul nostro sistema educativo, diretto modello della struttura economica capitalistica. Questi apparati insegnano la competizione, la proprietà, la gerarchia e ciò si riverbera nei modelli relazionali. Infatti, è proprio nelle ragioni economiche, sociali, politiche, educative che si ravvisa la responsabilità delle forme che la società ha assunto in ordine alle unioni. Poliamore è un libro che espone un progetto. La sua parola chiave è nella mia lettura scardinamento. Decostruire bias e modelli convenzionali di comportamento su cui si basa ogni ghettizzazione, la quale non si esaurisce con le questioni incentrate sulle dinamiche di rapporto ma comprende ogni emarginazione legata alla razza, alla religione, alle diversità sociali; abbandonare la visione dicotomica attraverso cui si è abituati a spiegare la realtà valendosi di opposizioni e categorie, utili solo a ridurre ai minimi termini il reale, deformandolo e ignorando le gradazioni. La prima via per poter rompere con gli schemi conservatori e segreganti dovrebbe essere proprio l’insegnamento, uno spazio orizzontale dove educare alla libertà e all’auto-determinazione, un luogo dove possano coabitare le diversità. Pensiamo invece che in Italia, nelle scuole, non c’è neppure l’obbligo dell’educazione sessuale.

Per lə autorə è necessario abbandonare la convinzione che ci sia una sola narrazione relativa all’amore e ai rapporti, ed è invece fondamentale esplicitare alle coscienze, raggiungendo quante più persone possibile attraverso il dialogo e il dibattito, che certe prospettive cucite addosso, reazionarie e clericali, devono essere superate. In questo senso Poliamore tocca molti punti e si incentra anche sulla questione della differenza tra i sessi, secondo cui «viene assegnato un sesso alla nascita sulla base dei nostri genitali» tralasciando la persona in quanto tale, come se determinate caratteristiche appartenessero agli individui sempre e solo in base al corpo, relative agli organi sessuali che classificano in esseri maschili o femminili, senza considerare l’esistenza legittima di personalità avulse dalla sessualità imperata dalla norma e tralasciando quindi tutte le altre diversità: «Le normatività relazionali e sessuali permeano le nostre vite da sempre, non offrendoci un secondo punto di vista e riducendo la complessità all’ennesimo binarismo: conforme, non conforme» e così «L’eteronorma è strettamente collegata al sistema di sesso e genere, in quanto presuppone l’esistenza di soli due sessi e generi, opposti e complementari». Si tratta di liberare i corpi dai costrutti normosociali che prevedono ruoli, compiti, aspettative predeterminate alla nascita e che creano rapporti squilibrati di potere e oppressione, danno per scontata una coincidenza tra il sesso e l’identità innestando l’idea che dalle differenze anatomiche deriverebbero comportamenti precisi, diversi tra uomini e donne, senza considerare i contesti sociali, ambientali, caratteriali, tutte le complessità multilivello appartenenti all’esistere, il retaggio famigliare, la comunità di provenienza, le singole peculiarità.

Lepori e Braida denunciano l’eteronorma e sottolineano che l’errore comune risiede nella radicata convinzione che possa esistere un solo tipo di relazione, un solo modo di costituire l’innamoramento, così che «La dimostrazione dell’amore attraverso gesti considerati universali diventa l’unico veicolo di trasmissione dello stesso» e pertanto «esiste il Vero Amore, poi un agglomerato di ‘altro’ che non è che una copia venuta male». La struttura degli affetti è piramidale, persiste nelle nostre interiorità la considerazione invisibile, ma accettata, di una vera e propria gerarchia dei sentimenti: a sguazzare nel lime fangoso del primo scalino c’è l’amicizia, da cui poi si sale fino all’apice, dove troneggiano la relazione esclusiva e il matrimonio, identificato come l’impegno totalizzante e in quanto tale unico vero senso dello stare insieme, punto di partenza per trasmettere alla prole il medesimo modello in una ripetizione continua e uniforme di una struttura granitica che dovrebbe rappresentare gli esseri umani tutti come fossero automi fatti in serie, senza tenere conto «della molteplicità delle attrazioni che si possono provare».
Secondo questo sistema di pensiero, inoltre, non vengono ritenute valide, credibili nei sentimenti, relazioni che non accettano il sistema binario condiviso e che si basano per esempio su una relazione aperta o su una semplice amicizia che non sarebbe tale se coinvolge la sessualità; è un sistema restringente che non contempla la gamma ampia di affettività diverse e che gli esseri umani possono sentire per natura non solo nei confronti di un’unica persona, è una struttura limitante e castrante e non riconosce l’eterogeneità composita che caratterizza i rapporti. 


Il poliamore può essere una risposta, una tra le tante almeno, affermano lə autorə, e rimarcano l’esistenza di forme di pensiero da smantellare e da cui partire per creare un sistema più malleabile e universale. Analizzano concetti rilevanti e ribaltano l’importanza che gli si attribuisce di solito. Per esempio il peso che si dà al tradimento come “onta” terribile, tale da giustificare la fine di un rapporto, la violenza fisica e verbale verso il traditore, «sul tradimento pende uno stigma che ha molto più a vedere con la cultura del possesso piuttosto che con il venir meno di limiti e accordi».
In questo senso l’atto rivoluzionario delle non monogamie consiste anche nel poter creare altri limiti e altri accordi, più personali che non collettivamente etichettati come giusti o sbagliati. Una possibile soluzione risiede in alcuni semplici gesti: il confronto con le persone o la persona coinvolta, la comunicazione, la sincerità, il condividere desideri, mancanze, necessità.

Il libro parlando di poliamore narra anche di movimenti storici come il femminismo, e tocca questioni fondamentali come i problemi di genere, la famiglia – considerata come l’ambiente affettivo e sicuro per eccellenza quando invece è troppo spesso luogo di violenza, soprattutto  per ə giovanə LGBTQIA+ -, la realizzazione personale, l’eterosessualità obbligatoria, il matrimonio come scopo, approdo sicuro e «unica fonte di realizzazione e felicità», in particolare per le donne, le quali ancora oggi, in moltissime comunità, vengono educate a pensare meno ai propri interessi e alla propria realizzazione piuttosto che ad assumere comportamenti utili al raggiungimento di questo solo obiettivo, poiché l’amore definito romantico è «costruito in maniera asimmetrica sulla base del genere».

Poliamore analizza il complesso intreccio tra il sistema eteronormativo e binario e il sistema economico capitalista e patriarcale, ricordando che questa struttura è solo una delle fogge possibili e che si tratta appunto di «un sistema di pensiero» costruito e imperante, che punta alla subordinazione dei rapporti e degli affetti, all’esclusività e all’esclusione di chi si pone al di fuori del binomio uomo-donna/coppia, presupponendo, inoltre, un pericoloso noi/loro. Focale sarebbe quindi decostruire schemi mentali, simbolici e materiali e «imparare a costruire relazioni in maniera diversa da quella che ci è stata insegnata», cercando di «considerare ogni relazione come differente e con delle specificità» e non in una posizione di supremazia rispetto alle altre relazioni. «L’orizzontalità è una pratica collettiva che va coltivata in tutte le relazioni umane (e non umane, in un’ottica antispecista) e messa in discussione continuamente. Infatti, la gerarchizzazione è così pervasiva nel nostro sistema economico e sociale che viene interiorizzata e spesso riprodotta anche da chi vorrebbe decostruirla».

Da più parti il poliamore è poco compreso e criticato come una pratica superficiale, adatta a persone che non sono capaci di farsi coinvolgere profondamente in una relazione unica.  Lə autorə spiegano però che il modello poliamoroso di cui parlano «mette al centro la cura reciproca – non solo tra le persone con cui ci si relaziona direttamente ma tra tutte le persone coinvolte» e deve essere considerato un modello che contrasti «la competizione che permea il sistema eterosessista monogamo e il sistema economico capitalista». Andrebbero pertanto riformate le fondamenta che sostengono anche la struttura economico-politica delle società in cui viviamo. 

Braida e Lepori non vogliono un adattamento al sistema dominante dei concetti in cui credono, né un riconoscimento dell’amore poliamoroso in seno a istituzioni quali il matrimonio; l’assimilazione è un ricatto per normalizzare ciò che da quegli stessi schemi vorrebbe invece uscire. Fondamentale sarà l’unione con le altre lotte, in particolare l’approccio transfemminista, e riuscire a diffondere un’educazione sessuale e affettiva scevra da moralismi, paternalismi, da sistemi di relazione unidirezionali imposti dall’alto, un’educazione all’ascolto e al desiderio, il formarsi di spazi reali e ideali fortemente inclusivi, il rispetto di ogni diversità «spazi per immaginare vite relazionali e collettive differenti rispetto al modello della coppia eterocissessuale monogama». Sarebbe di certo una grande rivoluzione e una grande vittoria per l’umano la capacità di pensare a un attraversamento dei nostri limiti, slegarsi dalla negatività di sentimenti introiettati come la gelosia, la possessività, l’invidia, la rivalsa, l’egoismo a favore di un coinvolgimento emotivo profondo che abbia a che fare con la generosità, il benessere altrui, l’ascolto, l’aiuto, la maturità affettiva e culturale, nel rispetto di ogni scelta, di ogni forma; e all’insegna dei medesimi diritti, perchè nessuna tipologia di relazione sia considerata inferiore ad altre, non valida, “diversa”, moralmente biasimevole rispetto a una norma. Sarà possibile? Senz’altro saremmo davanti a un cambiamento epocale e a una spinta in avanti verso mete ideali che coinvolgerebbero moltissimi altri campi dell’umano e dell’esistenza. Non si può negare che sentimenti accentratori esistano, che siano perfino parte della natura umana, ma invece che accettarli passivamente e giustificarli socialmente, una volta accertata la loro nocività e le conseguenze che ne derivano, si può lav

orare affinché non vengano usati mai più in senso manipolatorio o per avallare comportamenti di violenza e sopraffazione, lavorare sopra ciò che può danneggiare l’altro, la sua libertà, attraverso il confronto, attraverso il supporto.


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