Fuori_mappatura vuota

Cover Fuori_mappatura vuota

di mariel

A POSTERIORI

A momenti alterni, quando l’umore è sotto i piedi, sento il bisogno di ricercare, riversarmi fuori di me, distaccarmi dal mio peso.

Sono circa tre anni che mi sono avvicinata a tematiche riguardanti il territorio, la sua rimappatura, al suo studio attraverso il cammino. Libri, riviste e seminari*.

Era febbraio 2023. Ho preso in mano una macchina fotografica per lavoro. Ho cominciato a vagare e percorrere i confini del mio paese, le terre, oltre l’abitato e in un abitato marginale. Non avevo alcun fine. Ho appuntato sensazioni, riflessioni, rimuginato. Ho scattato dove i miei occhi si posavano attenti. Composizioni nelle quali risuonavo.

Un diario di cammino. Di una flâneuse. Non c’è polemica, solo curiosità. Tutto ciò è inutile e mi ha fatto bene.

*Dall’orto al mondo, Barbara Bernardini, nottetempo

La vegetariana, Han Kang, adelphi

Manifesto delle specie compagne, Donna Haraway, contrasto

Chthulucene, Donna Haraway, NERO

Humankind, Timothy Morton, NERO

Perdita e meraviglia alla fine del mondo, Laura A. Ogden, add

Il fungo alla fine del mondo, Anna Lowenhaupt Tsing, Keller

Trilogia dell’Area X, Jeff VanderMeer, Einaudi

Narrazioni dell’estinzione, Elvia Wilk, add

TRAME, Ecologie Politiche del Presente, Tamu

Chirocene, Naviganti d’Appennino, Hacca

Comp(h)ost, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, NERO

orangotango.info

  • Titolo: Fuori_mappatura vuota, mariel_2023 Una strada di campagna in inverno. Un cartello arrugginito: limite massimo di velocità 30 km/h
  • Macchia mediterranea
  • Il tetto di una cisterna spunta dall'erba; una villa abbandonata ricoperta d'edera; un terreno con cassette rosse per la raccolta e cabina wc chimico rossa
  • Ruggine sul cancello d'entrata della villa abbandonata: villa Vitelli. Un cartello di divieto d'accesso
  • Immondizia per la strada, nonostante il cartello "Area videosorvegliata"
  • Flora (in senso antiorario) fumaria officinalis, fichi d'India, fiori di mandorlo
  • Accesso a un terreno chiuso da un filo di ferro doppio a cui sono appesi indumenti vecchi per segnalarlo. Accanto una sedia di plastica bianca dalla spalliera rotta
  • Alla vasca, contrada Cupa - strada provinciale 154_omonimi percorsi diversi Una recinzione di ferro circonda una vasca per l'irrigazione
  • Mandorlo; Mandorlo e fichi d'India; un muro d'alberi, tra i quali abeti e cipressi
  • Anemoni, dai petali lilla e la corolla viola, tra l'erba; in sfondo la recinzione della vasca in bianco e nero
  • Euphorbia helioscopia; funghi bianchi a lamelle su tronco
  • Muschio sul fondo in cemento di quella che, probabilmente, sarebbe dovuta essere una piscina
  • Intricati rami di un albero spoglio; scabiosa atropurpurea
  • Ho iniziato a raccogliere fiori di campo ai bordi della strada nel tragitto a piedi dal lavoro. Li portavo a mia nonna che, a casa, in soggiorno, ha un bicchiere lungo che sta lì apposta per accoglierli. Da sempre. Lei mi chiedeva: «dove li prendi?» e «che fiori sono?» Alcuni avevo imparato a riconoscerli, ne sapevo i nomi. Per gli altri ho iniziato a ingegnarmi per poterle rispondere: «fiore d’aglio selvatico, della cicoria – questi le ragazze li intrecciavano in coroncine per i capelli –, occhi di bimbo, malva». Ciò che trovavo. Una pratica di osservazione, conoscenza, e poi di cura. Poi ho cambiato lavoro: commessa in vivaio. Mi si è aperto un universo che voglio sia parte del mio – che sia il mio. Il mio ragazzo ha arricchito e curato il giardino sul mio terrazzo. Ha piantato diverse specie verdi, tra alberi, fiori, piante officinali e spezie, persino qualche ortaggio – il nostro primo meloncino è stato una meraviglia, una gioia inaspettata.
  • Borracina o sedum, pianta grassa
  • Percorso pedonale e pista ciclabile "Trinitari" Vuoti fiori di campo; un asinello bianco dietro una recinzione
  • Due case di campagna abbandonate dall'umano ma abitate dalla vegetazione
  • Simmetrie: verbascum sinuatum e segni circolari attorno a un buco su un muro di cemento
  • Cardo mariano, ché porta il segno dell'allattamento di Maria tra le spine, infatti la pianta ha le venature bianche di latte
  • Un piccolo, ma non troppo, paese nel sud dell'Italia, con una frazione sulla costa jonica. Mare, sabbia, pianure e terra. La campagna mi pare sia rimasta campagna con alcune abitazioni in uso alcune abbandonate; le terre, la stessa cosa. Il ferro presente è per lo più arrugginito il cemento scorticato la varietà della vegetazione è visibile in un inverno che è già primavera. Un gregge al pascolo, con numerosi cani maremmano a guardia, concima, calpesta e traccia sentieri e strappa il pastore, sornione, le conduce, preciso - un fare a me sconosciuto.
  • Quattro scatti di gregge al pascolo
  • Pecore in contrada Gaudello_ veduta lontana di gregge al pascolo
  • Un fiore viola; una pianta di malva; una bottiglia di plastica bianca con una x nera appesa a un filo a segnalare un accesso vietato; una strada in curva con segnalatori; un segnalatore di curva ricoperto di ruggine; pianta di finocchio selvatico in fiore
  • Terreno brullo con erba rada e qualche cespuglio secco
  • INVASIONE Non amo invadere gli spazi altrui. Preferisco essere invasa. Sarà anche per questo che i miei spostamenti sono rari e a corto raggio. – Truffaut viaggiava solamente per lavoro, fermandosi giusto il necessario, assicurandosi di aver vicino una libreria e un negozio di dischi. – Credo sia responsabile. Ma dipende da ciò che sentiamo. Che senso abbiamo della realtà? Preferisco essere invasa dalla bellezza imprevista, in luoghi che credo di conoscere. Mi piacciono gli spazi piccoli, sono piccola. Gli Stati dovrebbero cadere a favore di piccole comunità. Riappropriarci di spazi di co-esistenza e con-vivenza e co-respons-abilità. I microbi mi abitano e sono fatta di microbi ma non lo sono. Abitiamo il mondo e lo infettiamo. Non lo vediamo perché ci pensiamo sempre misura delle cose. (continua)
  • Chi sono e cosa sono. Sono pezzi di carne che insieme sono io ma sono anche loro. Qui dentro siamo in molti e rockeggiamo. Io ballo al ritmo dei Refused. Forse i miei microbi e batteri son più calmi, li immagino coi Blonde Redhead… A volte li penso e vedo affiorare, farsi più grandi e visibili sopra e sotto l’epidermide, poi ho la nausea! – Octavia E. Butler mi ha portata a ricercare gli estridi e mi hanno sconvolta, anche se il mio immaginario è più pop: colorato, caramelloso e giocoso. In questo caso. Questi insetti depongono le uova attraverso una ferita o puntura di altro insetto – uno squarcio nella pelle – e le larve si nutrono di te e poi scavano un varco per poterti abbandonare. Mettere le ali e spiccare il volo. Tu diventi il tuo buco, sei ciò che è intorno al buco. Una cornice. E il quadro da guardare? Ti affanni a sbirciare dentro. Vedi inscritto il loro percorso di crescita. (...)
  • Un giardino di una casa di campagna abitata: riconosco grosse piante di gerani rossi, un ulivo, forse dei piccoli nespoli, dei fichi d'India, una panchina-dondolo in ferro, che s'indovina fosse bianca, e, ne sbuca la testa, un maremmano bianco disteso
  • Borgo di Serra Marina: una cancellata in ferro arrugginita con dello smalto verdeacqua davanti una villa con arco d'ingresso e lampioncini a palla sul vialetto
  • Un pallone arancione, il classico supersantos, abbandonato su una strada di terra con vistose pozze d'acqua; strada provinciale a scorrimento veloce che porta al borgo di cui si nota un vecchio piccolo market ormai chiuso da un pezzo
  • Svolta Iustic: un prato con fiorellini bianchi; i rami spogli di un albero e sullo sfondo un terreno con una roulotte verde
  • Una roulotte bianca abitata - s'intravedono tavolino e sedie all'esterno - tra alberi di ulivo; strada con segnale di pericolo tornante
  • Rovina con archi sullo sfondo Il giardino m’insegna la diversità e la convivenza e l’appassire e il rigenerarsi e il bisogno di cura. Il sostegno di bellezza necessario ai miei occhi agli animali che visitano i fiori a quelli che mangiano le foglie e quelli che tessono fili e bozzoli per proteggersi. Il giardino d’inverno ricorda di riposare e rallentare di resistere per poi esplodere. E pure se muori qualcun altro qualcos’altro vivrà non ci sarà mancanza così forte da fermare l’incedere dell’esistenza. Un sollievo che getta nel baratro.
  • Albero spoglio con "succhioni" che tendono verso l'alto, come candele. Può sembrare un candelabro
  • via Madonna degli angeli, discese, salite ripide a continui tornanti Muro di tufi con fiori di campo viola e arancioni
  • Dei fichi d'India coprono in minima parte una vecchia base in ferro arrugginito per silos in carpenteria, accanto al quale sono state posizionate due sedie in legno scuro, di quelle che probabilmente tuttə hanno avuto in casa, debolissime ma eleganti. Immagino che qualcunə sia andatə in compagnia a sedersi lì, dove s'intuisce il bordo di un fosso
  • Muro di tufi con bituminaria bituminosa
  • Una farfalla arancione con dettagli neri posata su una pietra; fiori azzurri di borragine
  • Per ritagliarmi degli spazi, per riappropriarmi della mia solitudine, del mio pensiero. Per decontaminarmi dalle chiacchiere e dalle responsabilità, dalle pretese, prendo la macchina e vago. Non voglio sentire la stanchezza e voglio la musica a palla. Poi la lascio. L’opzione ‘piedi’, alla fine, ha sempre prevalso. Metto e tolgo gli occhiali. Sono miope e posso vedere il mondo in due modalità. Sfumato e di cose grandi. Dettagliato e nuovo. E i piedi mi permettono di soffermarmi e di scegliere strade sterrate. Poco battute. Prendo la direzione ‘fuori’, verso i margini del paese, verso la campagna.
  • Cerchi concentrici di pietre; osso di animale con scarpette grigio chiaro rotte di bambina
  • Ho sempre camminato tanto. La pratica del camminare, guardare e curiosare. Fermarsi su un dettaglio insignificante per le nostre vite traboccanti di senso. Un fiore che sbuca da una fessura nell’asfalto. L’edera che incornicia una finestra e striscia verso l’alto per suo conto, perché il suo essere tende al cielo. Delle radici che dopo aver scavato il terreno, escono a prendere luce e spaccano i mattoni di un marciapiede. Una stretta strada, giù, nel centro storico, chiusa alle macchine, si è riempita di vegetazione in vaso e i semi poi hanno invaso le fughe nel marmo, aggirandolo, percorrendo una traccia possibile per esistere.
  • Cinoglossa detta "lingua di cane"; prato con macchie di bianco e albero
  • Strada per il Forliano, provinciale 211 prato di fiori gialli
  • Gregge al pascolo tra ulivi e fiori gialli
  • Fitte chiome d'alberi da cui sbuca il tetto di un capannone in mattoni abbandonato; canne secche
  • Accanto alla banchina del treno, per terra una L e un cerchio di mattoncini
  • Bernalda scalo, stazione: cartello "Benalda"; recinzione di cemento
  • Cartello "Ufficio gestione"; tronco d'albero tagliato
  • Sento di assomigliare a ciò che ho fotografato: la vegetazione, incolta e selvatica, e il ferro, inserito dall’umano, arrugginito. La vegetazione intricata abbarbicata alla traccia umana rende tutto decadente e nello stesso tempo potente.
  • Mi chiedono: Ha il permesso di fotografare? Cartello "Ufficio movimento"; recinzione in cemento, più rete di ferro e rami secchi attorcigliati
  • (...) Apro la finestra. L’unica della casa. La porta è chiusa. Tutte le porte sono chiuse. Faccio entrare un filo d’aria. La mia vista è chiusa da un muro. Ce lo hanno costruito a qualche metro qui accanto. Alto. Così alto che ostacola il sole. Ciò che vedo è muschio che cresce e come una macchia si espande. Il cemento l’assorbe. L’accoglie. E quindi la mia vista si affaccia su un mondo, tutto sommato. C’è vita di fronte a me. Eppure io vedo solo un muro sporco che marcisce, che cambia colore in tonalità nero, grigio, marrone, verde. Chiamo i muratori. Poi i pittori. Voglio una vista pulita, anche se chiusa. Linda e riposante. Tutto nuovo, pulito e in ordine. Questo sentore di marcio, questo guasto dev’essere debellato. Epurato. Aggiustato. Medicato. Chiudete quel buco nella mia carne che mi fa diventare cornice e non c’è più nessuno a guardarmi… Guaritemi da questa infestazione. Da questa invasione che sposta l’attenzione. E io non sono più importante. Solo un buco con cornice.
  • Tetto di capannone abbandonato su cui sono nati dei fichi d'India e sono appollaiati un po' di piccioni
  • Metaponto, stazione via Ferrovieri ennesimo vecchio edificio abbandonato limite di velocità 10 km/h
  • Vecchia casetta a un piano, scrostata e sventrata, con porta rotta rinforzata con reti di letto; esterno ex casa dei ferrovieri con piante in vaso e triciclo; cianfrusaglie accatastate tra cui una sedia in legno con cuscino, una piccola bicicletta rosa, un secchio celeste
  • Recinzione ferro, cemento e lamiera; panni stesi ad asciugare tra due alberi
  • Spighe bordeau e fiori gialli in primo piano su sfondo di un ampio terreno battuto
  • Chiusura Edificio chiuso con finestra in legno e tre porte, una accanto all'altra, murate.
  • Capannone di cemento e ferro bordeau abbandonato con annessa gru gialla lasciata fuori alle intemperie
  • Lido: boiler con doccetta in cortile esterno; canale che sfocia nel mare; edera comune abbarbicata sul muro di una villetta bianca e verde
  • Due scatti di capannone di cemento, a piano terra, e ferro bordeau, per tutta la parte superiore (un tempo piena di finestrelle in vetro che resistono in alcuni punti) abbandonato
  • Google map: Basilicata, provincia di Matera, territorio bernaldese Intorno al paese una mappatura vuota mi attrae. Niente di utile. La protezione del nulla

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