La quarta tragica Sagra dell’Odio

di Francesco Quaranta, Vargas
Copertina di Fernando Pennaforte

Vargas: dovuta premessa. L’origine della Sagra dell’Odio si perde in una scommessa demente tra me e il buon Quara dove ognuno avrebbe dovuto pubblicare a fine festival un post chilometrico commentando ogni singola canzone della kermesse. Era il 2020, stavamo tutti in pandemia e questo tipo di dedizione bavosa alla futilità era ancora perseguibile. Da quel momento in poi la Sagra dell’Odio è diventata tante cose: sessioni di commento live su facebook, una festa vera, quella con le persone in carne e ossa riunite intorno ai televisori neanche fossero gli anni ’50, che sbraitano come se davvero quello che succede in una settimana all’Ariston avesse delle conseguenze sul mondo reale, salvo forse per la qualità vessatoria delle trasmissioni radio dell’anno a venire.
Al quarto anno di questa baggianata, probabilmente troppo presi da altre cose per goderci davvero questo attentato di Amadeus alla nostra soglia di attenzione, abbiamo deciso di strappare il playlistone finale dalle nostre bacheche di Facebook e postarlo qui, in modo che questa festa sia di tutti, come tutte le feste dovrebbero essere.

Quara: avevo promesso a Vargas che sarei stato buono. Ho mentito. Ricordiamoci che stiamo commentando dei prodotti commerciali, i quali già per necessità di contesto restringono di molto il ventaglio di scelte artistiche possibili durante la composizione. La varietà si restringe ancora di più se consideriamo che da almeno quattro anni a Sanremo c’è lo stesso direttore artistico che ha una propria visione di cosa sia la musica moderna italiana. (Tra l’altro quest’anno un numero preoccupante di brani finisce allo stesso modo, ovvero con il silenzio improvviso da parte dello strumentale mentre l’ultima parola o frase viene sussurrata dall’interprete di turno). Detto questo, affinché una cosa piaccia occorre in qualche misura sentirsi partecipi di essa, quindi sono sicuro che queste canzoni piaceranno a un sacco di gente che vivono un contatto molto più diretto del mio con il pop italiano. È ok anche adorare cose brutte. Perciò siete perdonat.

Vargas: per ragioni di tradizione la presente classifica non si basa sull’esibizione sul palco, ma sulle versioni studio dei vari pezzi che come ogni anno non sono fatti per essere suonati con arrangiamento orchestrale e si sente. Mentre Quara ha voluto metterci delle competenze musicali, io continuo a dispensare gratuite cattiverie dalla mia seggiolina di plastica. Del resto se sta festa è nata per sfogare bile contro un televisore che non può rispondere non vedo perché cambiare ora.

Cominciamo.

30. Fred de Palma – Il cielo non ci vuole

Quara: Va senza dirlo: anche io non ti voglio. Che dire? “Vorrei cancellare ogni frase di quello che scrivo”. Se solo Fred. Se solo. Ha scritto il brano che avrebbero dovuto far fare meglio a Irama. Suona pure decentemente, al netto della voce. Mamma mia le stragi di tedesche di questo brano sulla riviera romagnola quest’estate. Ci hai fatto solo piangere Fred, ebbene sì sei il centro del nostro mondo. Schiacciasassi.

Varg: sorvolando sul video dove Fred scende dalla De Lorean di Ritorno al Futuro per contemplare il varco di luce di Paola e Chiara per poi metterci una chiavetta usb per riprodurre una scena di Blade Runner 2049 (dove lui dovrebbe essere Ryan Gosling, t piacess). Il sottotesto di questo video ci dice che lui è solo Ken, altrove nello spaziotempo sarebbe un 10, ma mo’ tocca fare i sensibiloni. Praticamente Abbi cura di te, ma in versione tossica. Mi dispiace un po’ per i ragazzini edgy di oggi che per darsi un tono devono lavorare con cotanto materiale. Posizionamento meritatissimo.

29. Sangiovanni – Finiscimi

Varg: Ok.

Quara: Ho paura. Sono tentato di finirlo io appena apre bocca. Sangiovanni canta con la voce che faceva mio fratello quando a sette anni voleva convincerci di essere ancora un bambino piccolo. Qui sta cercando di imitare Gazzelle. Non sono sicuro ma… Quella è una cadenza plagale che va in minore? Ue Sangio siamo diventati grandi? Ed ecco che sfrutto la durata del brano per cercare di trovare tonalità e accordi ma no non è una scusa per non dare retta alla sua voce. È finita.

28. Bnkr44 – Governo punk

Quara: Fino alla parte con ritmo in levare mi stava quasi piacendo. Poi gli esce la voce bimbominchia alla Sangiovanni. Stoccata alla provincia, originalissima. Ce lo dice lui: la sua testa è un collage di canzoni e proprio così il testo è stato scritto mettendo insieme post-it di appunti per tentativi di frasi ad effetto. Tutto sommato se togliessimo la parte “via da me-e-e-e” sarebbe pure una canzoncina piacevole. Peccato perché con un titolo del genere mi ero fatto troppe aspettative… E invece è il solito trend di dare titoli d’effetto a canzoni senza una precisa direzione, se non un carino e disastroso egocentrismo.

Varg: Meme di the Office dove fanno vedere a Pam una foto dei Bnkr44 e dei Finley: non vedo alcuna differenza. Mi piace ogni tanto pensare a tutti quelli che dicono eh ma ai giovani piace la trap, la reggaeton, i piriti atonali in scala ionica epperò rimane inveterato questo filone minoritario di cinquanta sfumature di pop-rock/pop-punk dove dei ragazzini sentono il bisogno di fare casino e divertirsi. Aggiungono qualcosa al discorso? No. Sentirei intenzionalmente questa canzone che l’hanno sicuramente scritta meglio i Voina dieci anni fa? Ma manco col cazzo. Però mi pare che esprima un bisogno. Anche se espresso con questa stilizzazione odiosa a-la Sangiovanni che io non capisco perché ci dobbiamo sottoporre a sta poppanteria performativa cristo che odio.

27. La Sad – Autodistruttivo

Quara: Se già la discografia de La Sad era un derivato della discografia recente di Machine Gun Kelly che a sua volta era un derivato dei ricordi del pop punk anni Novanta però con i suoni più compressi, questo brano è un frullato di tutto ciò che hanno fatto finora. C’è tutto l’ambaradan: le scaricate di batteria, il ritmo dimezzato e drammatico, la strofa tirata in palm muted, le urla alternate al cantato prossimo al pianto, lo svuotamento con le chitarre pulite, il muro di suono dell’orchestra e il coretto emo. Va detto che la canzone non stanca, le tre voci offrono una certa varietà sul tema “sono depre ed è colpa degli altri ma poi è anche colpa mia e ho trent’anni ma ne sento sempre quattordici”, che secondo me è anche un buon modo per ricordare al pubblico boomer di Rai Uno tutti i danni che hanno fatto alla psiche dei propri figlioli. Allegramente disperati.

Varg: i Bnkr44 ma con un diverso discorso di classe. I primi bravi uaglioni di provincia, questi depre semibbrudal emigrata a Milano perché con tutto il bene che si può dire del sud una tinta fluo in certi posti è ancora un biglietto di sola andata per ortopedia. Questo tipo di emo-pop può funzionare solo a determinati livelli di immedesimazione che ahimé mi è preclusa, ma capisco la forza liberatoria. Detto questo sappiamo tutti che Amadeus li ha chiamati solo per fargli fare le simiette carine che battono i piatti per il curioso pubblico di buona famiglia dell’Esposizione Universale.

26. Maninni – Spettacolare

Quara: Solito titolo altisonante per canzone depressina. Posso dirlo perché ne ho scritte pure io quindi non è r4zzismo. Che poi io avevo letto Nannini e quindi mi aspettavo tutt’altro. Colpa mia. La mia playlist di Sanremo si chiude dunque con un branetto un po’ innocuo, forse il più anonimo dell’edizione: testo pieno di già sentiti, lo stesso vale per l’arrangiamento. Interpretazione pure niente male ma che non regge all’onda di sollievo che mi travolge al pensiero di essere arrivato in fondo anche quest’anno. Il candidato ha tutte le carte in regola per riprovarci il prossimo anno.  Ma penso che non lo farà.

Varg: sta wave di canzoni depre col titolo da sindrome di Stendhal l’ha iniziata Domenico Modugno con Meraviglioso e non sono sicuro abbia mai pagato a fondo il suo crimine. Io non so chi sia sto tizio e non canta neanche male in sé, ma la canzone è veramente un inno alla retorica anonima. Reato di piccole cose.

25. Renga Nek – Pazzo di te

Quara: Tony Stark e Steve Rogers. Star power assemble e vediamo se riusciamo insieme a racimolare abbastanza voti. Strofe scritte in un pomeriggio dopo aver lavorato mesi sul ritornello sanremese d.o.p. Va detto che le loro voci armonizzano da paura e forse si poteva giocare l’intero brano sui loro intrecci invece che sul solito pum pum pa cadenzato su cui dirci per l’ennesima volta che c’è un tizio innamorato. Ma poi, come funziona in questi casi a due interpreti? Ognuno si rivolge a una donna specifica, oppure simpano tutti e due per la stessa donna? Sondaggio: Amiche da casa (e amici, perché no?), voi ci stareste se Renga e Nek si presentassero alla porta con il loro look un po’ Rusty Cole un po’ James Hurley di Twin Peaks? Delegazione italiana agli Stati Generali del Daddy Rock.

Varg: reato di pazzo in culo. La quota ok boomer di questo festival. Sta canzone potevano scriverla vent’anni fa e avrei detto boh, ci sta. Il mio aneddoto preferito è che a sta performance doveva aggiungersi anche Max Pezzali che li ha guardati in faccia, ha fatto ua belli sti anni 2000 ragazzi, ma voi avete capito che io faccio i videini simpy nostalgia coi The Jackal? Ma vi pare che vengo a cantare con Capitan Patriarcato e Vescovo Antiaborto? E jà. Tra l’altro quattro minuti per dire ahhhh le donne, non puoi vivere con loro, non puoi vivere senza di loro. Quota Meloni.

24. Clara – Diamanti grezzi

Quara: Come l’ultima volta che l’ho sentita: un timbro di voce che mi piace molto,  soprattutto quando canta sui registri più bassi. Composizione di flow alla Madame e ritornello degno di una base meno anonima. Pare che il produttore abbia riciclato un pezzo di Elodie di qualche anno fa. E se me ne accorgo io figuratevi chi effettivamente ascolta spesso queste artiste. Tutto sommato più di quello che mi aspettavo, e per farla breve l’incarnazione stessa del titolo.

Varg: c’è una confusione di codici in questo pezzo che boh. Lei megapulcina super ripulita con sto tentativo di immaginario urban d’accatto. L’amore che è una sala slot ma ti fa paura un limone. Non capisco. Il suo più grande nemico sono gli autori. Su tik tok sta cosa ce la sciroppiamo fino al 4000 dopo cristo.

23. Rose Villain – Click boom!

Quara: Synth top in apertura. Pezzo miscellaneo tra canzone melodica, ritmica e gimmik da earworm, tutto sommato funziona, anche se c’è scritto sopra grosso così: “usatela per tik tok vi prego usatela, vedete: potete fare sia le bimbe tristine bu bu, che le drama queen dal cuore di pietra, che i balletti a culo di fuori, usatela vi prego”. Se avessi creato una scala consistente da uno a dieci per assegnare un voto a ogni canzone del festival, questa sarebbe sopra il sette. Peccato non averci pensato prima. Also: questa cosa click click boom è abusata dagli anni ’90 e dato il contesto attuale non può risultare più né edgy né romantica. Esplosiva (sotterrami mistress).

Varg: Let it go sushi e coca. Mi pare un saggio tecnico, tipo salve dolci babbioni dell’Ariston, so fare questo, ma anche questa cosa. Non lo sapevate prima vé? E ora sì. Tutto sommato prende bene.

22. BigMama – La rabbia non ti basta

Quara: Ormai tutti sti ritornelli si assomigliano, note lunghe caricate dalla frase in levare su ritmi dritti. Molto meglio la strofa che riesce pure ad affondare con un testo niente male. Capitemi, a quest’ora sono stanco, è chiaro che Big Mama non parla al sottoscritto e di sicuro non la aiutano struttura del brano e beat basic. A me più che rabbia qui è scattata una certa noia e un movimento del piede a tempo con la cassa che, voglio dire, di sicuro non fa pensare alle emozioni descritte nel brano. È senza ombra di dubbio un brano di Sanremo 2024.

Varg: la lettera di Chiara Ferragni dell’anno scorso, con la differenza che Big Mama non è il Sauron di City Life. Rispetto alla sua produzione normale è tanto tanto calma, buona per calarsi l’MD e a questo punto sono convinto che agli artisti dell’Ariston venga detto di non fare rumori troppo forti, sennò il pubblico si spaventa e piange.

21. Ricchi e Poveri – Ma non tutta la vita

Quara: L’intro orchestrale è rubata da una sigla di Jojo. Il crescendo di archi è talmente old school che ho dovuto controllare la mia data di nascita sulla carta d’identità. Il ritornello è un tale casino che è quasi imbarazzante. I Ricchi e Poveri sono chiaramente qui solo per il meme perché è evidente che non sanno raccapezzarsi su un brano del genere, sembra tutto storto, mi pare addirittura che qua i là i volumi delle voci siano sballati. Io lo so che Amadeus si fa segretamente un sacco di risate all’idea di averli riportati sul palco quest’anno. E ringrazio di non lavorare più ai karaoke nella bassa padana perché so che questa canzone mi avrebbe fatto sanguinare i timpani per tutta la stagione a venire. PER FORTUNA non è per tutta la vita, cari.

Varg: sono tre anni che a Sanremo arrivano sti vicchiarielli con dei pezzi di scopare massimalisti mega ballabili che non si capisce da dove prendano tutta questa voglia di vivere e non ho altre spiegazioni se non l’approssimarsi della morte. Questa canzone la adoro. È brutta in culo e la voglio al mio funerale se potevano aggiungere altri sessantaquattro violini lo avrebbero fatto, due cembali? Ma sì. Tanto lo sai che ti aspetto ma il tempo CHE MI CARICO UN VENTICINQUENNE LO SPEZZO IN DUE PORCODD. Menzione d’onore per il video che è un incubo assoluto, praticamente un meme già fatto.

20. Dargen D’Amico – Onda alta

Quara: Campane, orchestra, cori apocalittici, “figlio di puttana”. Inizio col botto. Pezzo registrato dopo un certo buon numero di Negroni, ma credo sia richiesto dal genere. L’intero brano, soprattutto il ritornello, sembra un lungo e inutilmente complesso coro da stadio, e non so se questo è un difetto. Sono molto combattuto da questa tendenza di affrontare temi pesanti e importanti in canzoni pensate per farti ballare, non so se è più una cosa del tipo “faccio la stoccata tra una piroetta e l’altra” o “bro questo è il messaggio subliminale del nuovo millennio, cambiamo le menti sulla cassa dritta”. Spero funzioni perché mi pare un bravo guaglione, vorrei solo avere la droga sufficiente a lasciarmi trascinare. Popper.

Varg: in principio era Vieni a Ballare in Puglia. La volta scorsa erano gli operatori dello spettacolo che si morivano di fame, oggi i migranti e le vittime di un certo genocidio in un posto dove si faceva dell’ottimo olio d’oliva. Se non altro il ritornello ha questa leggera nota ansiogena nascosta appena sotto il manierismo ultras. Buone intenzioni, anche se il trucchetto del millennial-trash-engagé non può funzionare due volte.

19. Negramaro – Ricominciamo tutto

Quara: Diciamo che lo struggimento con cui Giuliano si rivolge a una tipa dicendo “scendi che andiamo al mare” non so quanto le possa far venire voglia effettivamente di farsi trovare sotto casa. Vi prego raga, fate partire due schitarrate vi prego. Perché le band rock a Sanremo devono ammosciarsi tutte, perché? Giuliano lo sappiamo che sai cantare non c’è bisogno di insistere sulla tua voce, fai suonare questi ragazzi. Che poi nel ritornello si riprende pure, più respiro e corpo, però boh… Oh aspetta, il secondo ritornello muove un po’ le cose… Raga, deve esservi finita per sbaglio una chitarra nel mix. Non male melodicamente ma il fatto che io non sia né deluso né entusiasta penso dica tutto. Spenti.

Varg: Giuliano Sangiorgi tieni il resto della band prigioniera sotto ricatto. Ne ha rapito le famiglie o gli animali domestici e li costringe a servire il suo ego falsettone che dall’operazione alle corde vocali lo spinge a cantare sti pezzoni megapathos dove sostanzialmente parla di trivialità. Non a caso pure lui ha fatto una cover di Meraviglioso di Modugno. Questi suonavano coi chitarroni, Giulià, che ti è successo? Reato di Salento. Reato di Battisti. Esiste.

18. Santi Francesi – L’amore in bocca

Quara: Intrigante il mood e i suoni. Brano costruito con un certo gusto e capacità, aggiunge un tassello dopo l’altro senza la necessità di essere un climax continuo. Probabilmente il brano meglio riuscito (mi sbilancio signore e signori), di sicuro quello che non mi vergognerò di far sentire alla mia compagna. Guarda un po’, si possono scrivere testi con frasi originali senza sembrare sempre sul punto si svenarsi. Abboccato.

Varg: io ho capito che ve volete scopà il cantante, regà, ma a che prezzo? X-Factor è un po’ che arranca e si vede.

17. Mr. Rain – Due altalene

Quara: Scrivo queste righe prima di premere play. Sono molto prevenuto nei confronti del signor pioggia, perché sono due anni che mi deposita nelle orecchie fastidiosi melodrammi da due soldi. Mi preparo mentalmente: premo play. Ottimo, due cliché in una frase d’apertura. So che me ne pentirò di averlo detto, ma il vocoder mi piaciucchia, perché distrae dalle parole che dice. E infatti me lo levano, per drammatizzare. Magnanimi: tre secondi di orchestra senza voce prima di regalarci la lagna “rap”. Chiedo scusa a Mamhood per avere detto che pare sempre cantare in doccia, perché Mr. Rain sembra sussurrare dritto nell’airbag dopo aver fatto un frontale. Anche perché quest’anno non gli hanno fatto portare il coro di bimbi e quindi tocca sentirlo proprio lui da solo per tutto il tempo. Dio rimettetegli il vocoder. Poi a un certo punto urla per farci capire che la canzone sta finendo e così noi possiamo posare il coltello che avevamo preso solleticati dall’idea dell’insano gesto. Gesto dell’ombrello.

Varg: questa volta non si è portato i bambini perché nel pezzo sono morti. Non ho parole che non siano penalmente perseguibili.

16. The Kolors – Un ragazzo una ragazza

Quara: Non si può dire che ‘sti ragazzi non sappiano scrivere singoli. Funky disco dal potere innegabile, fatto da cristo? Fatto da cristo. Senti che suoni, senti come picchia il basso. Fortuna però che non ascolto la radio, perché altrimenti nel giro di tre settimane so già che mi troverei a cercare il loro indirizzo per spedirgli dell’4ntrace. Quello che il brano ha da offrire si esaurisce nel primo minuto, ed è un’ottima cosa perché così poi la band ti offre altri due minuti in cui puoi spegnere il cervello. Un ragazzo incontra una ragazza e finisce che con tutto ‘sto casino di cassa dritta e strings disco nemmeno riescono a dirsi il nome. Un ragazzo incontra una ragazza e lasciano parlare i piedini.

Varg: Sto video lo avevano già fatto Colapesce e Demartino. Ve li buco ‘sti anni 80. Il pezzotto di Italodisco. ‘Sto Sanremo veramente lo hanno preso su Wish. Ho capito. Entra in testa. Ci puoi fare i Tik Tok. Da spiaggia le prime cinque volte. Poi per Guantanamo. Saranno pure in 16a posizione, ma non finisce qui.

15. Fiorella Mannoia – Mariposa

Quara: Fiorella e le sue immagini top. Un po’ filastrocca un po’ manifesto. C’è il problema di queste basi danzerecce da agosto in Salento che boh lasciano un po’ il tempo che trovano. Le manca una pizzico di originalità. Fiorella, non mi vengono nemmeno cose divertenti da dire sulla tua canzone. Non c’è nemmeno un ritornello memorabile, c’è tanta sostanza però. Hai fatto i compiti, ma produzione un po’ pigra. Femminismo trallallà di maniera.

Varg: Quello che le donne non dicono 2024. Da una parte Mannoia può raccontarmi di quando si è andata a far schiattare i ponfi sulla schiena e la ascolterei lo stesso in uno strano stato di trance erotica, dall’altra a me sti testi scritti per giustapposizioni antitetiche hanno un po’ rotto il cazzo, anche se comunque funzionano. Non riesco a essere oggettivo, fortuna che non mi è richiesto. Femminismo generico che non scontenta nessuno. Aiùtame a dì mommy.

14. Emma – Apnea

Quara: Ue mi piace questo mood iniziale che va a crescere. Capisco: il pezzo si chiama Apnea e quindi emerge lentamente da un mare di suoni ovattati. “Chiamo l’avvocato” lyric dell’anno, per me possiamo già consegnare il premio Tenco alla signora Marrone. C’è un nucleo soffice tra i suoni duri e gommati, ma che mi prende? Ok, un altro brano da annoverare tra i possibili guilty pleasures da nascondere alla mia compagna, altrimenti perdo la mia credibilità punk. Devo trovare qualcosa di brutto da dire ma Emma mi ha spiazzato, quindi dirò solo: estetica fusion tra Dua Lipa e Nina Williams di Tekken.

Varg: Amici royalty. La canzone di Fred De Palma prima di entrare nel penale. Il sequencer la rende il tutto meno lagnoso. Emma c’ha sta vibe da persona che mi starebbe infinitamente simpatica, ma musicalmente non riesco a connettere. Fortunatamente essendo sopravvissuta a un brutto male ha messo abbastanza in prospettiva le cose da non arenarsi nella consueta lagna con cui hanno condannato il suo demografico.

13. Diodato – Ti muovi

Quara: Diodato ha viaggiato nel tempo e si è portato degli strumenti veri da un’epoca preapocalittica. La canzone è un po’ un b side di Fai Rumore, oh quello sì che era un ritornello, mamma mia… Ops scusate. I suoni però mi rincuorano un po’, dopo tutto il tunz tunz degli altri brani. Un po’ effetto autogrill per riposare le orecchie prima di riprendere il viaggio sulla strada sonica della modernità. Attempato.

Varg: ragà io vi chiedo scusa, ma Diodato me lo scordo mentre lo vedo. Lui sembra una persona deliziosa, è bravo, ma non mi ricordo chi è. L’ho sentito ora. Niente. Lo giuro che prima o poi mi faccio vedere da un neurologo. Non sei tu sono io.

12. Il Tre – Fragili

Quara: Partirò buono: la cosa che preferisco è la ritmica del ritornello, questa batteria è l’elemento particolare di un pezzo che per il resto mi sembra avere gli stessi suoni di mille altre canzoni. Lui ha una voce fintissima e francamente qui non mi va di accettare la scusa che hanno usato l’autotune o altro “a scopi artistici”. Vince il premio “collezionista di metafore da canzone sdolcinata” che è comunque sempre un traguardo, oltre che uno dei tre gusti concessi a Sanremo. Nella seconda strofa ci caccia fuori un flow rubato a Rancore, ma dopo tipo due barre si rende conto della somiglianza e allora cambia tutto. Potrei fare battute sul fatto che il tre è il voto del brano, ma sarei ingiusto. Tre è la voglia che ho io di risentirlo un’altra volta. Su cento.

Varg: esteticamente il figlio segreto di Rosa Chemical e Irama. Voglio apprezzare il tentativo disperato di scrivere di relazioni senza disegnarle come una dipendenza da krokodil. Lui sembra simpatico. Esiste. Che ci faccia qui in cima è un mistero.

11. Gazzelle – Tutto qui

Quara: Va detto prima di cominciare e va scritto in Costituzione: Gazzelle ha una voce e una pronuncia insopportabili, del tipo che te lo vedi abbandonare il palco da un momento all’altro e scendere tra il pubblico per elemosinare spiccioli “per il biglietto del treno”. Detto questo, ha una certa capacità nello scrivere ritornelli decenti. Lo strumentale non è affatto male, ci sono pure delle chitarre che battono colpi di vita, al netto della mania di ficcare l’orchestra ovunque. Ottimo come demo, ora chiamiamo un qualcuno con una personalità.

Varg: reato di Roma Nord, reato di quanto cazzo so matto, reato di video con la manic pixie girl sottopeso in biancheria. Sono pezzi come questi che mi fanno ringraziare iddio per la morte dell’itpop. Credo che questa canzone l’abbiano già scritta più o meno tutti quegli pseudo-romanelli con le occhiaie e la parlata strascicata nel 2015, progenie inavvertita di Calcutta che almeno ste cose le sapeva fare. Pare la parodia di un pezzo moscio di Venditti. Tutto il qualunquismo dozzinale delle playlist universitarie.

10. Alfa – Vai

Quara: One Repubblic incontra Ed Sheeran e fanno il memino di Spiderman che punta il dito verso sé stesso. Buona l’idea delle armonizzazioni/cori bassi sul preritornello. Canzoncina divertente, produzione scopiazzata qua e là al fine di essere il più radiofonica possibile. Piacerà un sacco. Non sta zitto un secondo, canta sempre, tanto che riesce pure a ripetere i concetti diverse volte. Due minuti e mezzo e via il dolore. Sveltina.

Varg: fino al ritornello sarebbe la consueta rottura di cazzo toxic positivity buona per sponsorizzare il programma DARE e far intenerire le nonne e e fargli dire vè guarda che bravo ragazzo che è, manco un tatuaggio in faccia. Poi però arriva il ritornello e esce quel via dalla strada e via dai guai che gronda talmente tanto classismo becero da parrocchia bene che adesso purtroppo per me lui è marchiato. Mi dispiace Alpha, torna quando finisci le scuole dell’obbligo. Reato di WOH-OH.

9. Alessandra Amoroso – Fino a qui

Quara: Due accordi classic sadcore girl, vai Ale dijelo quanto stiamo male, mannaggia il c4zzo! Ci sono delle minuzie in questa performance che tanta gente si sogna. Peccato il riferimento abusato a La Haine. Il ritornello urlato alla Amoroso è talmente un cliché che ormai lei stessa ci fa del teasing nel prechorus con le note staccate. Lo special è un compendio del suo intero repertorio, vecchi trucchi che funzionano sempre. Taylor Swift chi?

Varg: Il prequel del pezzo di Gazzelle. Ragazzi, Alessandra è una girlboss, ma anche fragile, come te, sì proprio tu Cettina che ti sei lasciata con Pasquale detto Bott ‘e Ferr. Uguali uguali. Poi certo, tu Roma l’hai vista solo in gita scolastica, ma tutto sommato dire Miano entra comunque in metrica. Approccio minimal introspettivo da terzo album della diva pop. Sobrio dolore generico buono per tutte le stagioni, letteralmente il post di fessbucc sotto il quale rispondere chat, amo.

8. Il Volo – Capolavoro

Quara: “Mi chiedo sempre quanto durerà”. To’ parlano d’amore non l’avrei mai detto che sorpresa. Qualunque grandiosità trasmessa dalla loro interpretazione viene rammollita dal solito arrangiamento a prova di RSA. Lo so, devi nuotare contro il cringe e trovare appiglio nel fatto che tutto sommano sono bravi guaglioni. Mi fermo a immaginare la cifra del loro assegno SIAE dopo la prossima stagione di matrimoni e mi dico che è giusto così: la gente per essere felice ha bisogno di sicurezza e stabilità, di una relazione duratura. E chi meglio del Volo può rappresentare questa grandiosa e serenissima noia?

Varg: [X]

7. Loredana Bertè – Pazza

Quara: Oh Loredana che ne dici facciamo un pezzo rock per il festival? Ok, chiamo la band? No, non c’è bisogno: ho qui un beat finto rock usato solo ottantasette mila volte nella storia del pop. Il prechorus è abbastanza ridicolo, il ritornello molto molto meglio, ma la base musicale non aiuta per nulla questa melodia ad emergere, anzi appiattisce tutto. Tanto che funziona tutto meglio nella parte in cui il beat si tace per cinque secondi. Calamità naturale.

Varg: la recente produzione di Bertè è volta ad assicurarci che sta bene lei, pensavate di averla distrutta e invece! È stato grottesco vederle cantare un’accusa diretta a Sanremo sul palco di Sanremo mentre tutti le facevano UE GRANDE LORE PAZZESCA, SEI TUTTI NOI e lei che faceva la conta di quelli che le avevano attaccato il telefono in faccia. Oltre la vicenda personale e al netto di un arrangiamento col riff preso un tanto al chilo su un sito stock, spero che la Bertè sappia che ha scritto l’inno ufficiale di tutti i compagn* tossic* con la Borderline. Tra tutti i cantanti del festival è l’unica autorizzata a usare la pazzia come immagine espressiva.

6. Mahmood – Tuta gold

Quara: La qualità di Mamhood è quella di sembrare sempre sotto la doccia mentre canta, eppure di farti sentire incredibilmente stronzo per il fatto di non far parte di quella doccia. Fate di questo ciò che volete. La base è una bomba, il ritornello a coro fa un po’ effetto musical disney, nel senso che mi immagino letteralmente i faccioni dei personaggi che cantano, but not in a bad way. Spacciatore di chiamate perse.

Varg: Mamhood ha capito con che giochetto fare bella figura a Sanremo. Li accontenta che si veste caruccio, apre il pezzo con le note allungate, il melodramma, i sentimenti E POI TI PIGLIA A CEFFONI COL RITORNELLO TRIBALONE ARRANGIATO A BONGHI E NOKIA 3310. A differenza di molti altri pezzi che lamentano rivalsa da origini disastrose questo mi suona più credibile, meno kayfabe, dalla strofa lenta e riflessiva di uno che si ricorda che le ha prese e poi vaffanculo sto a un rave ma chi me lo fa fare e giù a pasticche.

5. Irama – Tu no

Quara: Chiaramente Tarzan in apertura. Irama, a me non riesci a starmi antipatico, però stai cercando in tutti i modi di mostrare una profondità che va oltre quella del pezzo tunz tunz. Altre volte ci sei quasi riuscito, qui boh. Non capisco perché ti ostini a cantare così alto, che pare ti abbiano infilato un coltello sotto le unghie prima di entrare in sala registrazione. Ok, direte voi, “è l’interpretazione, è una canzone sofferente”, ma raga tre minuti e mezzo di urla su un pianoforte che fa un giro di accordi basico… Come puoi scrivere una canzone “tutta climax”? La batteria che entra alla fine, talmente prevedibile che pure Irama si spazientisce e caccia un urlo che manco Goku quando raggiunge il Super Sayan 3. E poi ci mettono il coro nell’ultimo ritornello… Certo, perché se l’intera canzone è over the top come fai a dare il senso di apice? Coro disneyano! Malox plus.

Varg: un altro passo nel cursus honorum di Irama per diventa il CEO di tutti i Sigma, il nostro James Hurley, in un certo senso quello che immagino tenti di essere Ultimo che però rosica troppo e non gli riesce. Libero dall’abbigliamento firmato Tetsuo dell’anno scorso ci dona l’epica melodrammatica di questa poveretta che ha preferito dare il proprio supporto psicologico all’ex a dovuta distanza di sicurezza. Il famoso self care. Il manierismo ringhiato sembra il risultato di una lussazione mascellare e forse andrebbe un po’ modulato.

4. Ghali – Casa mia

Quara: Teoria dei colori: verde verde verde… Oh no questo è il ritornello vero? Blu blu blu… Ah no, il ritornello è quello dopo in cui Ghali non si sente tanto bene, e io sto direttamente male. Please, torniamo alla strofa che era su un livello più alto decisamente. Ma poi, un altro pezzo funky quando sai che in gara ci sono i Kolors, cioè ma allora ti vuoi male. Lo concedo: forse è uno di quei pezzi che va ascoltato più volte per essere apprezzato. I see: un importante riferimento alla guerra e a come la gente massacra pur di conquistare ed espandere confini. Apprezzo. Non sono sicurissimo, ma credo abbia perso l’occasione di dire “sangue rosso rosso rosso”. Ma poi mi sarei lamentato pure di quello.

Varg: la gimmick di Vengo dalla Luna di Caparezza, ma per implorarci per favore facit ‘e brav. È divertente, scritta bene, ci si può pure ballare, il messaggio è sacrosanto. Mi sembra cifra di parecchia musica contemporanea affogare qualsiasi espressione in questa invariabile coolness. Purtroppo verrà usata per fare le pubblicità dell’ENI. Lui comunque cuoricino.

3. Annalisa – Sinceramente

Quara: Nanana iniziale ammiccante, del tipo: “cucciolo vieni qui a mamma”. Ovviamente questa artista è diventata una fabbrica di ritornelli filastroccosi. Apprezzo soprattutto la sua recente decisione di abbandonare i tentativi di scrivere frasi indie in stile universitaria fuorisede fan di Calcutta, per abbracciare del tutto una torbidezza testuale che sfiora leggiadramente il nonsense. Prima strofa un po’ moscia, che però è solo bait. Seconda molto più Eccitante. Sinceramente, Annali’? Non si capisce la lore del pezzo.

Varg: io questa narrativa con una fila di gente che scarica Annalisa la trovo abbastanza dubbia. Ho il sospetto sia una supercazzola di immagini sconnesse tra loro giusto per riempire sto beat strappamutande che ancora una volta pare la replica depotenziata di un pezzo che ha scritto molto meglio. Sembra alludere ad una sofferenza intensa ma dignitosa? Credo? Almeno ci rassicura che non sta per suicidarsi, una cosa che trovo rassicurante nelle mie hit dance.

2. Geolier – I’ p’ me, tu p’ te

Quara: Beat clubbettone che promette il paradiso. Qua e là diventa un po’ troppo manieristico, ma proprio grazie a questo minaccia di assediare tutte le discoteche d’Italia per più di un’estate. Un pensiero va ai genitori meneghini bacchettoni che già immaginano le figlie colonizzate da un earworm napoletano. Voce che mostra tutte le sue mancanze, nonostante i chili di autotune e harmonizer nel momento in cui il pezzo si svuota nell’apertura del ritornello. Onesto.

Varg: di sto pezzo e del suo autore s’è parlato per tutti i motivi sbagliati e mi tira molto il culo. Geolier qui parla solo agli iniziati e mi rendo conto che senza tutti i sottotesti del caso possa suonare come un pezzo orecchiabile soft rap sentimentale invece di… beh comunque un pezzo soft rap sentimentale fatto un pelino meglio della media del Festival. L’avesse cantato in italiano sarebbe stato da ultimo terzo della classifica, ma così è diventata (inavvertitamente?) una questione di tifoserie.

1. Angelina Mango – La noia

Quara: Mi sembra un pezzo di Margherita Vicario. Non male anche se si tratta di un branettino danzereccio che rischia di essere spazzato via dai pesci grossi al largo della costa di Sanremo. Alcune frasi sono molto azzeccate, tuttavia in questo genere di pezzi mi fanno sempre l’effetto “centro casuale” in un muro di testo tl;dr. Ok, qui non c’è un solo pizzico di noia e nello special svuotato, quando Angelina “esce la voce”, si può solo fare la faccia del meme di Obama. Fruttolosa.

Varg: la nostra unica speranza all’Eurovision (e infatti ha vinto, n.d.r), anche se finché non cacciano l’Anonima Genocidi dalla competizione me lo salterò quindi che me ne fotte a me? Io sinceramente sentire la figlia di Mango che mi racconta come si rompe il cazzo, come firmi i contratti senza leggerli e quanto vuole soffrire perché estetica del dolore di un cattolicesimo insopportabile non ce la faccio e la vorrei prendere a pizze. Il problema è che questo è un pezzone. Sicuramente il migliore di Madame. Nonostante ciò: reato di Marunnell ‘e ll’Arc.


Saluti tradizionali e Sanremesi vanno anche a tutti coloro i quali in questi anni sono stati la Sagra dell’Odio, in special modo Fernando che fa le copertine, ma anche quelli che hanno bevuto e imprecato con noi, vicini e lontani, davanti al televisore, o con mezz’orecchia mentre facevano i piatti.

E’ stata una bella festa.


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