Testo di Sarah Majocchi
Immagini di Coconino Press
Ultima fatica del fumettista e sceneggiatore statunitense Daniel Clowes, dopo sette anni di attesa, Monica – edito da Jonathan cape, in Italia uscito per la Coconino Press nella traduzione di Veronica Raimo – è l’esempio probante del motivo per cui narratori e lettori italiani dovrebbero leggere fumetti.
Lontano dall’essere solo la storia di una donna, Monica mescola e intreccia sapientemente numerosi topoi della letteratura, del cinema e delle arti grafiche.
Ricorrendo all’uso tipico di ciascun genere letterario di schemi narrativi e motivi stilistici, Monica si presenta come una graphic novel stratificata: il corpo reale della donna si forma e si trasforma, cercando di ricomporsi a partire da parti smembrate e sparse della sua vita, una vita tutta da ricostruire e assemblare, metafora del corpo narrativo, storico e psicoanalitico.
Già dalle prime pagine, che ripercorrono le tappe fondamentali della Storia – dal Big Beng fino all’epoca moderna – ci viene suggerito quanto Monica – e noi con lei – siamo frutto di un universo esteso, fatto di eventi che con noi non sono iniziati e con noi non finiranno.
Le numerose tappe della vita della protagonista si intrecciano con quelle di altri personaggi: altri corpi e altre storie che con lei interagiscono e, più o meno consapevolmente, ne influenzano le scelte e la costruiscono, costruendo sé stessi.
L’autore, lungi dal sentirsi demiurgo, veste i panni di testimone di un processo di creazione e distruzione continua, sovrapponendo stili e linee temporali, a rimarcare come le nostre vite siano un oceano infinito e imprevedibile di storie altre, dove ogni genere letterario trova terreno di espressione, impadronendosi della narrazione.
Ogni storia, in Monica, è un omaggio: dall’horror alla fantascienza, dal romanzo rosa alla spy story, e ne tocca e sprigiona i temi, liberandoli dalle gabbie di genere, pur colorando ciascun intreccio con le tinte tipiche del suo registro, senza che la struttura ne risenta, anzi, arricchendola.
– Mia madre – racconta Daniel Clowes – non mi diceva mai nulla di sé, così, sono stato costretto a trasformarmi in un detective1.
Questa è la chiave di lettura di Monica. Daniel Clowes libera la storia della protagonista dall’essere solo sua. Prende per mano il personaggio, lo solleva e gli mostra dall’alto i corpi e le storie degli altri esseri umani. Poi lo posa a terra, tra i vivi e i morti e gli restituisce la sua vita.
Ma Monica è anche la storia di una e mille separazioni e perdite e di come quel magma che è la nostra esistenza ci spinga a una ricerca continua e disperata dei nostri pezzi mancanti, per ricomporli e riprogettarci: un farsi da capo, senza posa, mai veramente nuovi, sempre disperatamente incompleti, ostinati nella ricerca di un significato o uno scopo ulteriore che ci aggiusti, ci medichi, ci corregga, trasmuti la nostra marginalità e plachi la nostra solitudine.
“Un vero artista, pare, viene apprezzato solo grazie a un errore interpretativo – chiosa Leonard Krugg (personaggio ambiguo, artistoide bruciato da anni di abuso di droga), quando Monica acquista una sua opera per secondi fini. Anche le nostre singole vite, piccole o grandi che siano, sono passibili delle stesse ambiguità interpretative; e anche noi, come i personaggi di questa graphic novel, ci ritroviamo ad annaspare, tra le varie possibili letture delle nostre vite, invischiati nelle storie di altri.
Assorbiti come siamo dalla ricerca del soddisfacimento delle nostre umane pulsioni, tesi al raggiungimento di uno scopo, persi nell’aspettativa di mantenimento di promesse altrui continuiamo a cercarci, consumandoci, come lo stoppino acceso di una vecchia candela, immagine che ricorre frequentemente nel fumetto.
-E di colpo, capisco di aver fatto un errore fatale. Una schiera maligna, demoni del caos e del tormento, fuoriesce dal sottosuolo, reclamando vendetta, diffondendo l’implacabile disperazione terrena nel vuoto – dice Monica alla fine.
La storia di Monica finisce qui.
O forse no.
Monica ha vinto il Premio Palmarès 2024 ed è stata candidata al prestigioso Premio PEN/Faulkner 2024.
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