di Antonio Paolacci
Copertina: Ecco poi cosa succede – Julio Armenante
Nella classe dipinta di verde militare i bambini nei loro piccoli banchi verde militare indossano vestiti verde militare. Hanno le facce in aria tutti tranne uno, tutti tranne il bambino sempre triste in fondo all’aula, hanno le facce bianche perché fuori c’è un grande rumore di passi ritmici. E i passi fanno paura. E anche io ho la faccia bianca. E guardo i bambini e la classe dipinta di verde militare, guardo le piccole facce bianche e sento i passi, vedo il verde militare e il bianco delle facce e sento i passi. E allora salgo in piedi sulla cattedra, salgo in piedi sulla cattedra verde militare e allargo le braccia, e con le braccia aperte sventolanti come un ombrello al vento inizio a cantare, a cantare a occhi chiusi. Se li riapro, vedo che aperte sono anche le loro piccole bocche, tutte le piccole bocche dei bambini seduti nei loro banchi verde militare, mentre fuori, oltre le finestre chiuse, oltre le sbarre color canna d fucile, i passi ritmici sono più forti, e tutte le loro piccole bocche tranne quella del bambino triste in fondo alla classe, tutte le bocche adesso sono aperte per qualche secondo, poi si chiudono, tutte tranne una si chiudono, e si riaprono, e si richiudono, e compitano con me, e intonano con me la melodia per coprire il fracasso ritmico dei passi, e il fracasso ritmico dei passi militari sparisce dalle loro piccole orecchie, si sbriciola schiacciato dal nostro canto e allora: Ballate adesso, dico. Adesso ballate. E i bambini non aspettavano altro e si sollevano in piedi, tutti i bambini tranne uno salgono in piedi sui loro piccoli banchi verde militare. E allora dico: Danzate con me, ragazzi. E i bambini agitano le loro piccole braccia con me, tutte le loro piccole braccia tranne quelle del bambino in fondo alla classe si agitano come un esercito di piccoli ombrelli al vento. Facciamogliela vedere, dico, e appena lo dico una bambina con le trecce fermate da piccoli nastri verde militare, una bambina con le trecce tira fuori una chitarra, una chitarra alta quanto lei e si mette in posizione, e le sue trecce con i nastri verde militare sbattono qua e là quando lei si mette in piedi sul suo piccolo banco verde militare, con la chitarra in piedi tra i suoi piedi, tra le sue piccole scarpe verde militare e inizia a suonarla come un’adulta suonerebbe un contrabbasso, du-dum, du-du-dum, mentre di colpo un pugno, un enorme pugno di scimmia, batte forte contro la porta chiusa a chiave, tum, tum, tum. E il pugno dice: Aprite, tum. E dice anche: Come osate, tum? E il pugno ha la voce triste, ha la voce che non sa cantare, e il pugno non sa ballare ed è un pugno verde militare. Tum e ri-tum, dice il pugno. E du-dum, du-du-dum, risponde il contrabbasso. E tum e ri-tum, ripete il pugno. E la bambina solleva il contrabbasso e appena lo solleva si vede bene che non è affatto un contrabbasso ma una chitarra alta quanto lei, e con la chitarra in alto su di lei, sulla sua piccola testa infiocchettata di verde militare, la bambina urla le mie parole, ripete forte le mie parole: Facciamogliela vedere ragazzi, dice. E altri due bambini rovesciano le ciotole del pranzo, rovesciano tutte le ciotole verde militare di tutti i bambini e con le piccole forchette canna di fucile le suonano, suonano le scodelle come una grande batteria rullante, ru-ru-tà, ding, ru-ru-tà. E tutti i bambini tranne quello in fondo alla classe cantano più forte e ridono più forte e il bambino in fondo alla classe, il bambino triste e sempre solo in fondo alla classe si alza in piedi anche lui e tum e ri-tum, dice il pugno, e tum e ri-tum, e Adesso entro, dice il pugno. E du-dum, du-du-dum, fa il contrabbasso. E ru-ru-tà, ding, ru-ru-tà, la batteria. E il bambino sempre solo in fondo alla classe viene avanti verso la porta, e Professore apra, dice il pugno, Apra questa dannata porta e tum, Apra questa dannata porta e ri-tum. Ru-ru-tà, ding, ru-ru-tà, dicono le scodelle con voce di batteria. Apra o buttiamo giù la porta e tum. Ma io non posso aprire e glielo dico. Non posso, gli dico, sto ballando adesso, adesso sto cantando. E il bambino in fondo alla classe afferra il suo zaino canna di fucile e si avvicina alla porta e dice Stiamo ballando adesso, pugno. Vai via, pugno. Noi non siamo come te, pugno. Noi siamo, uhm, noi siamo, dice il bambino e mi guarda. Cosa siamo noi, prof? E io continuo a ballare e dico: Noi siamo musica, dico. Diglielo, dico. E il bambino che ora non è più in fondo alla classe dice forte: Noi, beh, noi siamo musica, signor pugno. Noi siamo musica e lei non può capire, capisce? E tum e ri-tum, insiste il pugno che non capisce, sordo come ogni pugno. Ora la sfondo, dice, questa dannata porta, dice il dannato pugno. E così io dico: Non fatevi intimidire, ragazzi. Non abbiate paura, dico. Ballate, continuate a cantare. E la bambina con la chitarra ripete: Facciamogliela vedere ragazzi, du-du-dum, e i bambini con la batteria urlano: Ru-ru-tà, ding, ru-ru-tà, e il pugno ripete: Tum e ri-tum, Dannazione, Tum e ri-tum ho detto. E allora il bambino con lo zaino canna di fucile tira su col naso e in quel momento i cardini della porta diventano petardi che esplodono, e la porta si sradica, si sradica e viene giù con un grosso tonfo sul pavimento verde militare, e una squadra di militari verde militare invade la classe verde militare e circonda i banchi verde militare con una foresta di fucili canna di fucile e noi smettiamo di cantare, come sempre ostinati noi e ostinati loro, come sempre a quest’ora del giorno, a quest’ora che è l’ora della porta sfondata, ogni giorno sfondata, come sempre con tutti quei soldati intorno, con tutti quei fucili canna di fucile puntati su di noi, come ogni giorno a quest’ora puntati su di noi per colpa del canto e del ballo, anche oggi come sempre, ostinati noi e ostinati loro, perché ogni giorno noi cantiamo, perché ogni giorno loro sfondano la porta e tutto è uguale a sempre, tutto è come sempre tranne il bambino con lo zaino canna di fucile, il bambino che oggi non è in fondo alla classe triste e solo, il bambino che oggi è venuto avanti e adesso infila una mano nel suo zaino e un attimo dopo la tira fuori, la sua piccola mano chiusa a pugno, e fa un grande maleficio, il più grande maleficio che io abbia mai visto quando mostra il suo piccolo pugno ai militari verde militare e di fianco al suo piccolo pugno malefico mette il malefico piccolo pugno dell’altra mano, e i due piccoli pugni sono uno di fianco all’altro adesso, e il primo piccolo pugno è immobile mentre il secondo piccolo pugno gira, e gira, e gira una piccola manovella invisibile, una piccola manovella invisibile che mette in funzione il piccolo dito medio del primo piccolo pugno immobile, e il piccolo dito medio si solleva come un gigantesco ponte levatoio, come una piccola e gigantesca bacchetta da stregone che emerge dal piccolo pugno del bambino, pian piano, dritto, per fronteggiare come un piccolo soldato quell’esercito di soldati grandi con i loro fucili canna di fucile, e i bambini ridono, e i soldati non ridono per niente, e i bambini ridono per tutto, ma più di tutto ridono perché il bambino con lo zaino canna di fucile adesso ride, ride con il dito medio dritto, e non è più in fondo alla classe come ogni giorno triste e solo, oggi il bambino con lo zaino fronteggia i suoi nemici con un dito, e per questo non è più triste, e non è più solo, e non è più un bambino.
L’ha ripubblicato su Paolacci & Roncoe ha commentato:
Oggi su Malgrado le mosche torna un racconto del Paolacci a cui siamo molto affezionati.
Speriamo possa piacervi e ringraziamo di cuore questa ottima rivista, che vi invitiamo a seguire sempre.