Sto anno po esse piuma e po esse fero

di Vargas
Copertina di Effequ

L’anno del Ferro è il primo capitolo de La Dorsale, un romanzo fantasy no-magic di Maria Gaia Belli, pubblicato a Novembre 2021 da Effequ.

Con la consueta prontezza, ce lo siamo letti solo adesso.

Parlo di primo capitolo perché più che una trilogia, La Dorsale sembrerebbe essere un unico romanzo di sei-settecento pagine, che Effequ ha deciso di vendere in parti, presumo perché visto il formato dei volumi sarebbe venuto fuori un cubo.

Proprio per questo, parlare de L’Anno del Ferro (di qui AdF) non può che essere un discorso parziario. Il libro però ce l’hanno mandato, l’ho letto e qualcosa va pur detta, anche perché quando si fa così, se non vanno bene i singoli capitoli il romanzo intero finisce per non essere pubblicato e a dirla tutta vorrei capire dove vuole andare a parare Belli.

Normalmente le saghe divise in tre parti tendono a mantenere un arco narrativo per i singoli capitoli, ma Effequ, come altre case editrici indipendenti, si scoccia di fare le cose come le fanno tutti e quello che viene proposto, de La Dorsale è il cosiddetto setup dei protagonisti, che in un’opera più convenzionale avrebbe occupato i primi due tre capitoli, più spiccioli per qualche personaggio tardo.

AdF comprende tre racconti, più alcuni intermezzi, che introducono in una prima persona profondamente immersiva quelli che suppongo saranno i protagonisti della saga: Kam, Luk e Key.

Ognuno rappresenta una delle regioni del mondo. Kam è una ragazzina inselvatichita dell’Est, sottratta alla propria famiglia e cresciuta da un vecchio contrabbandiere recluso e violento che abita l’eponima Dorsale; Luk è un teppistello di buon cuore della città degradata di V; infine Key, il remissivo rampollo di una ricchissima dinastia del tecnologico, incestuoso e florido Nord.

Le rispettive vicende personali andranno ad incrociarsi alla fine di ogni racconto nell’Accademia, una specie di Hogwarts indipendente per militari minorenni piazzata a blocco dell’unico valico della Dorsale che taglia in due il continente.

Parlare di trama a questo punto dell’opera è inopportuno. Le cose non succedono per avanzare una storia, ma per costruire nel dettaglio l’individualità dei personaggi, attraverso i quali abbiamo modo di osservare l’ambientazione nella maniera più parziaria e soggettiva possibile. La narrazione di Kam è immersa in un tempo liquido, le cose hanno nomi approssimati dall’ignoranza, Luk pensa in termini di cinismo difensivo, mentre la voce di Key è permeata da un’apprensione figlia dell’inadeguatezza al mondo in cui è cresciuto e in seguito di uno di cui a malapena parla la lingua.

Sono, a conti fatti, splendidi studi di personaggi che vedremo muoversi davvero nei prossimi volumi. L’effetto che ne deriva può rivelarsi lievemente snervante, come una canzone di cui aspettiamo invano il ritornello.

Un’altra scelta insolita è quella di dedicarsi a un filone fantasy abbastanza raro, che è quello completamente privo di elementi sovrannaturali. AdF non è ambientato nel nostro mondo, eppure la stessa storia si sarebbe potuta svolgere da qualche parte tra Cechia e Austria. Le uniche concessioni esotiche sono una completa assenza di armi da fuoco, sostituite da balestre e la presenza nell’ambientazione dei draghi.

Anche questi ultimi però prendono una strada originale. In onore dei meme sulle rappresentazioni biblicamente accurate degli angeli, i draghi di Belli non sono bestie mistiche, non sono appercettivi, né si mettono a raccogliere cianfrusaglie per ragioni di soddisfazione personale. Sono lucertole preistoriche piumate volanti di vari formati, i cui impieghi non esulano di troppo da quelli di un cavallo. Ci si corre, si trasportano merci, li si alleva, li si tiene in giardino per dimostrare di possedere un patrimonio osceno. È implicato vivano principalmente sulla Dorsale, che siano animali feroci, ma per tutto il libro la cosa viene affermata con poca convinzione.

Smaug ha già pronta la querela, insomma.

Il romanzo, inoltre, essendo legato alla relativa trivialità delle vite dei protagonisti, si tiene lontano dagli standard epici che ci si aspetta da un fantasy. Non ci sono profezie. C’è una guerra, ma è lontana e ne percepiamo solo gli echi. I draghi sono animali da soma come altri. La Dorsale è sostanzialmente quello che indico quando, come un disco rotto, ripeto che il fantasy non è un genere, ma un setting: dentro ci si può ficcare il classico viaggio dell’eroe, un thriller psicologico o, in questo caso, le vicende di una nuova generazione allo sbando, esposta alla guerra in una terra di confine.

Da ex-spettatore di Doctor Who so cosa voglia dire aspettare per due anni la stagione nuova di uno show, ma sorge spontaneo il dubbio che avrebbe potuto essere opportuno operare una cesura diversa tra i tre volumi, al costo di qualche pagina in più.

Probabilmente La Dorsale darà il suo meglio a pubblicazione conclusa.

La buona notizia è che il secondo capitolo dovrebbe arrivare a fine anno.

Poteva andare nettamente peggio.


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