Fare le fusa a Quentin in 50 punti

di Matteo Quaglia
Copertina di Andrea Campolucci

1. Piero Di Merda lo sapeva che non avrebbe dovuto lasciare Tortello senza guinzaglio. Il risultato è che Tortello è sparito chissà dove, nonostante lui gli avesse chiesto di aspettarlo lì. Dunque Piero non sa dove si è cacciato Tortello, e per di più si sta facendo buio. La notte incombe e Piero non indossa nemmeno una giacca. Fa freddo. Lui e Tortello devono andare via il prima possibile. È quel genere di situazione. Il freddo non aiuta a pensare. Piero aveva pianificato di legare Tortello in un posto tranquillo e sicuro prima di andare a sbrigare quella commissione per il boss. Le commissioni del boss sono pericolose e Piero non poteva permettersi di mettere a rischio la salute di Tortello. Così ha messo il guinzaglio a Tortello, si sono avviati, e quando sono arrivati vicino a una di quelle casette di legno che spuntano nella fanghiglia dei parchi cittadini, ha fatto per legare il guinzaglio a un asse di legno. Solo che poi si è lasciato impietosire, mannaggia a lui. E ora rischia di andare tutto a quel paese.

2. C’è che quando deve svolgere un lavoro, Piero Di Merda va su di giri. Per così dire. Piero Di Merda perde lucidità. La sua “erre” diventa ancora più moscia, tanto è grande la paura del boss. Non che il boss sia davvero un boss. Parliamo di malavita locale, racket, spaccio, piccoli atti di terrorismo domestico. Da quello che ne sa, il boss non ha mai commissionato a uno degli altri suoi assistenti un bel cappotto di cemento per chi l’ha tradito. Non siamo a quel livello di ferocia. Però, intanto, quando il boss ordina, Piero deve correre. Diciamo che Piero deve una certa somma di denaro al boss. Diciamo che se il boss fa un fischio, Piero comincia a scodinzolare. Così vanno le cose, così sono sempre andate. È il boss a insistere perché quelli che gli devono dei soldi lo chiamino boss. Il boss non vuole che si usi il suo vero nome. Come se, utilizzando uno pseudonimo uscito direttamente da una serie low budget di Netflix, il suo potere potesse aumentare o, quanto meno, non disperdersi nella nebbia che in autunno e inverno si alza dal mare e abbraccia tutta quella parte di mondo emerso lasciando goccioline opache sui vetri delle macchine.

3. Un altro modo con cui certa gente di periferia chiama il boss è: l’uomo con la voce roca. Questo nomignolo ha a che fare con una certa operazione a cui il boss si è sottoposto qualche anno prima.

4. Il boss è un uomo giusto: odia qualsiasi soprannome derivante da difetti fisici e menomazioni. Odia che lo si chiami “uomo con la voce roca”. Se sente quel soprannome, impazzisce.

5. Dunque: il boss ha chiesto a Piero Di Merda di attivarsi per presentare un preavviso di sfratto a una certa signorina, una croata con un caschetto biondo platino che di giorno lavora in uno dei bar gestiti dagli amici del boss, e di notte spilla soldi a quelli tra gli amici degli amici del boss che sono così fessi da credere ancora nell’amore. Ha detto vai là e falla sparire. La croata è una barista ma anche una ballerina. I suoi occhi sono pezzi di vetro. Si chiama Mila. La croata è una barista, una ballerina, ma, stando a quello che dice il boss, è anche una spia del KGB. Piero Di Merda era convinto che il KGB fosse stato sciolto, gliel’ha anche detto al boss, guarda che, secondo me, la storia del KGB è tutta una stronzata, ma il boss ha fatto scattare i denti e ha fatto quel cenno con il mento che significa sarà meglio se obbedisci, ragazzo. Anche se Piero non è più un ragazzo. Il rapporto tra loro è un gioco di allitterazioni.

6. La croata, Mila, ha un amico di nome Francisco. Francisco ha un debole per le auto nuove — per il profumo delle auto nuove — e per i film con Benicio Del Toro. Fa l’attore, o quanto meno ci prova. Ha recitato in un musical, che tuttavia è stato annullato prima della prima prevista nel teatro più infimo di Trieste. Recita e si ubriaca e quando si ubriaca recita meglio di quando è sobrio. Ha una collezione di film, una pila di DVD tra cui svettano le migliori interpretazioni di Del Toro. Francisco vorrebbe farsi chiamare Francisco Del Toro, ma non osa chiedere tanto agli amici. Il vero nome di Francisco è Francesco, ma sapete come vanno queste cose. Francisco non è una spia. Altri attori sono anche spie, ma Francisco non lo è. Non è nemmeno mai stato abbordato dalle organizzazioni segrete slovene, che notoriamente sono sempre a caccia di proseliti. È successo solo una volta che, dopo un provino, un certo aiuto regista abbia detto a Francisco hai un vero talento per il travestimento, ma la cosa è morta lì. Vai a sapere cosa intendeva l’aiuto regista. Francisco ha alcuni amici coperti di tatuaggi che solo a vederli ti viene voglia di scappare. Anche se, sotto sotto, sono persone per bene. Gente che non ha mai fatto del male a nessuno, e che non sanno quanto sia facile fare del male a qualcuno. Gente che non conosce i propri limiti. Quelli sono gli elementi più pericolosi con cui confrontarsi, perché o si cagano sotto, o si cagano sotto e ti ammazzano per dimostrare che non si stanno cagando sotto. Mila e Francisco sono amici perché una volta Francisco ha assistito a uno spettacolo di Mila e poi le ha chiesto di partecipare a un nuovo musical, di cui, però, poi non si è saputo niente. Ma ormai il danno era fatto. I due hanno iniziato a parlare, e da cosa nasce cosa. Un altro danno è quando Francisco manda un messaggio su Whatsapp a Mila e le scrive senti, mi serve un favore. Mi presti casa tua, domani?

7. I film che hanno consumato molte ore della vita di Francisco non insegnavano che certe cose non si scrivono mai per messaggio.

8. Il giorno prima di quello in cui Francisco ha scritto il messaggio, Mila ha ricevuto una telefonata. Se ne stava acciambellata sul suo divano sfondato, arrotolata in una coperta di pile. Il suo viso era rosso. Si era da poco fatta le unghie. Stava mangiando huramaki con tonno fritto e Philadelphia. In televisione c’era la replica di MasterChef. Uno dei concorrenti del programma le stava facendo bollire il sangue. Quando il telefono ha squillato, Mila stava valutando l’ipotesi di masturbarsi nel caldo del suo appartamento di periferia. Ciò che l’aveva frenata, fino a quel momento, era che avrebbe dovuto uscire momentaneamente da quel rifugio di coperte e chiudere gli scuri delle finestre.

9. Mila è sempre stata una ragazza timida, anche se non si direbbe.

10. Una delle altre cose che avevano frenato Mila riguardava qualcosa di meno fisico. La croata sapeva che, se avesse iniziato a scaldarsi, la sua mente sarebbe corsa a una certa scena di Kill Bill, e allora sarebbero stati guai. Per chi, non ha importanza.

11. Quando il telefono squilla, oltre alla ragazza, alla sua coperta e alla confezione di sushi, nel soggiorno di Mila troviamo una libreria carica di libri russi, tra cui una seconda edizione dei fratelli Karamazov, un mobile a cassettiera, un’altra piccola libreria carica di videocassette, un paio di boxer abbandonati nel mezzo della stanza, una pianta grassa in plastica, una candela di incenso, una boccetta di gel sanificante, due paia di calzini appallottolati, una pistola.

12. Il telefono squilla e a Mila prende quasi un colpo. L’ultima volta che ha ricevuto una telefonata era un cliente, solo che non ha capito di che genere di cliente si trattasse, se uno degli avventori del bar, se uno dei suoi pretendenti al night, se una gola profonda, se uno scrittore in erba.

13. Il boss non lo sa, ma nel tempo libero Mila lavora in nero, o sarebbe meglio dire, collabora in nero, con una piccola casa editrice di una regione limitrofa a quella in cui risiede.

14. Il nome della casa editrice è top secret.

15. Mila fa la correttrice di bozze. Il suo errore più grande è stato quello di lasciarsi prendere dall’entusiasmo. Ha detto ai ragazzi della casa editrice che avrebbero potuto mandarle tutto il materiale che volevano, e in un attimo di follia gertrudsteiniana, ha pure incoraggiato gli interlocutori a metterla direttamente in contatto con alcuni tra gli autori più promettenti. Questo significa che negli ultimi tempi Mila ha trascorso la maggior parte del poco tempo libero perdendo diottrie dietro sceneggiature ridicole, e sottraendo tempo e quindi denaro dalle sue altre ben più remunerative attività. Ma, almeno, è stata felice.

16. La voce al telefono dice a Mila Kozina stai bene a sentire, prepara i bagagli. Mila chiede allora è sicuro? Vuoi davvero che venga con voi? La voce risponde prepara i bagagli e porta con te anche la pistola. Dice se vuoi, portati dietro anche i manoscritti. Sia mai che possano tornarti utili.

17. La voce dall’altro lato del filo non è una voce roca.

18. Mila ha abbandonato ogni proposito lascivo, ha spento la televisione e ha raccolto le forze, prima di sfilarsi dall’involtino di coperta e fare ciò che andava fatto.

19. Il giorno prima del giorno in cui Mila ha ricevuto la telefonata, Francisco era nel night del boss. Aveva già speso trecento euro alle slot. Stava aspettando che Mila iniziasse a lavorare, per chiedere alla ragazza un piccolo prestito. Più che un prestito, Francisco aveva bisogno della pistola. Il fatto è questo: un tale di nome Morgan, come il cantante, lo stava ricattando. A conti fatti, il ricatto era qualcosa di metafisico. Morgan aveva trovato su internet un video porno in cui l’attore maschio era nient’altro che il padre di Francisco, un uomo con lo stomaco sporgente, che anni prima era stato ricoverato per un prolasso del retto, o così si diceva in giro. A parte quello, l’uomo, il vecchio porco, era una persona amabile.

20. C’è questa tendenza a credere che i propri padri siano esseri asessuati. C’è questa tendenza a limitare la propria immaginazione a quanto ci è accettabile.

21. Morgan, oltre a ricattare la gente, è nel giro dei podcast e delle startup. Ha messo in sospeso gli studi di medicina per dedicarsi alle indagini sull’omicidio di Meredith Kercher. Per un certo periodo Morgan ha raccolto articoli e stralci su vari forum, li ha messi assieme, ha pensato di realizzare un podcast verità su come, secondo lui, sono andate davvero le cose. Poi si è stufato di quell’idea e con quello stesso amico ha iniziato a ficcare il naso in giro per chiedere fondi con cui finanziare un’idea innovativa, che essendo innovativa è anche top secret. Questo è il modo in cui Morgan è finito tra le braccia di alcuni strozzini.

22. Cane mangia cane, così Morgan è diventato a sua volta uno strozzino. Ecco perché quel giorno Morgan ha detto a Francisco che se non gli avesse procurato una certa quantità di confezioni di sciroppo per la tosse, lui avrebbe inviato il file del porno di cui s’è detto alla mamma di Francisco. Francisco ha provato a temporeggiare. Ha chiesto a Morgan in che genere di porno fosse finito il padre; ha chiesto se si trattasse di un video con degli animali, o qualche altra bizzarria simile. Ciò che non ha chiesto, ma che ha valutato di chiedere, è se il padre avesse fatto una brutta figura. Morgan ha risposto no, niente animali, ma comunque è pur sempre tuo padre nudo che fa cose indicibili con una donna di mezza età. Bene, ha detto Francisco, capisco. Ha chiesto di quanto sciroppo stiamo parlando? Morgan ha risposto ti mando le mie richieste più tardi su Telegram. Non essendo del giro, Francisco è stato costretto a scaricare Telegram.

23. Ecco perché Francisco aveva bisogno della sua pistola. Solo che Mila non lavorava, quella sera, non al night. Quella sera Mila stava sbrigando una missione di spionaggio. Il suo compito consisteva nell’infiltrarsi in una delle maggiori case editrici italiane per boicottare l’uscita di un bestseller annunciato. Il libro in questione era incentrato su un’indagine politica. Democraticizzando l’accessibilità a quel tipo di indagine, rendendo possibile a qualunque fruitore la conoscenza di certi scandali parlamentari, gli scandali stessi sarebbero stati ridimensionati. I nomi e i cognomi avrebbero fatto indignare i lettori; presto sarebbero diventati meme e non avrebbero fatto indignare più proprio nessuno.

24. Dunque Francisco non ha trovato Mila al night, né altrove. Ma il suo piano è proseguito comunque.

25. Il giorno prima di andare nel night, Francisco ha iniziato a fare domande. È andato al solto bar, ha fatto il tipo di quesiti che non pensava di essere capace di porre. Come posso fregare uno che mi vuole fregare? Cosa c’è dietro questa storia dello sciroppo? Ho bisogno di aiuto, mi hanno ricattato. E via dicendo. Così è uscito il nome del boss. Bocche senza faccia hanno detto a Francisco chiedi aiuto al boss. Il boss saprà come aiutarti. Solo, se lo incontri di persona, non guardare la sua gola, mi raccomando. Se guardi la sua gola, il boss perde il senso della realtà e diventa intrattabile. Le bocche senza nome hanno raccontato storie raccapriccianti sulla gola del boss e sul triste destino capitato in sorte a un povero diavolo chiamato Michelle, un francese di Savona che aveva fissato troppo a lungo la gola del boss. Le bocche senza faccia hanno usato le parole “gatti randagi”, “formaggio”, “palle depilate”, non necessariamente in quest’ordine. Francisco ha giurato che non avrebbe guardato la gola del boss. Poi ha chiesto va bene, ma questo boss dov’è che posso trovarlo? Le bocche senza faccia hanno pronunciato un indirizzo preciso.

26. Uscito dal solito bar, Francisco ha aspettato un autobus. Ha pensato che quel boss doveva essere un duro. Un pezzo grosso. Un folle da cui fosse meglio tenersi alla larga. Nella sua vita Francisco aveva già goduto della sua dose di problemi, dunque non era il caso di mettere il culo in mezzo ai calci. Ha pensato di andarsene a casa. Ma, poi, ha anche pensato a sua madre. Non posso farle questo. L’autobus si è fermato davanti a quel ragazzone impalato e infreddolito. Le luci dell’autobus, avvolte dalla nebbia, davano l’idea di una premonizione terribile. Francisco è salito sull’autobus e quello è ripartito borbottando.

27. L’ufficio del boss è nel retro di un bar di via Ghega, la via che conduce alla stazione dei treni. Il bar è gestito da un cinese paffuto, con gli occhiali. Certi avventori lo chiamano giallo. Lui sputa dentro i salatini che presenta a certi avventori. Quando entra nel bar, però, Francisco non chiama il barista giallo. Non lo chiama proprio. Va subito al dunque. Dice potresti dirmi dov’è l’ufficio del boss, per favore? Il cinese strizza gli occhi e passa in rassegna l’uomo. Dopo qualche attimo, fa un cenno con la testa e indica una porta. Francisco fa un piccolo inchino e si dirige verso la porta. La apre. Attraverso un corridoio di scaffali e raggiunge una stanza poco illuminata. Il boss è seduto dietro una scrivania. Sulla scrivania c’è un posacenere, un fascicolo giallo, un tirapugni. Il boss dice ti stavo aspettando, e Francisco è certo che il boss l’abbia scambiato per qualcun altro. Poi, però, legge il proprio nome sul fascicolo sotto il gozzo del boss. Le gambe gli tremano. Sente la propria voce farsi sottile, mentre chiede ah, sì?

28. Il boss è un uomo del tutto diverso da come se lo era immaginato Francisco. Più che un uomo della mala, ricorda un intellettuale russo. E in effetti, il boss dirige una rivista letteraria clandestina, clandestina nel senso che non c’è modo di acquistare legalmente la rivista, per ottenerne una copia bisogna chiedere a certi insospettabili uomini da bar, ma nella rivista del boss si possono leggere ottimi racconti di scrittori non famosi; inoltre la rivista propone il meglio di quanto la città ha da offrire per quanto riguarda la poesia. Nella rivista c’è anche una rubrica per cuori solitari, dove non si parla d’amore ma di stile e di Dadaismo, il che è lo stesso.

29. Un intellettuale russo è un intellettuale che conosce la misura del tempo. Un intellettuale russo, se deve sporcarsi le mani, se le sporca. Se chiede a qualcun altro di sporcarsele al suo posto, è per esercizio stilistico.

30. Il boss dice a Francisco Francisco caro, come siamo messi a mira? Dice posso togliere di mezzo tutti i tuoi problemi in un colpo solo, a gratis, solo che mi devi fare un favore. Francisco, che fino a quel momento credeva di trovarsi in un incubo, scopre di essere, in realtà, in un sogno. Francisco si sistema il colletto della camicia e finalmente respira. Chiede che favore?

31. Il giorno prima del giorno in cui Francisco è entrato nell’ufficio del boss, il boss stava esaminando un video porno. Accanto a lui, un ragazzo con un forte accento calabrese si stava asciugando il palmo delle mani sui jeans. Finito di guardare il film, il boss ha detto com’è che ti chiami, ragazzo?, e il ragazzo ha risposto tutti mi chiamano Morgan. Come il cantante. Il boss ha messo in pausa il filmato, ha abbassato lo schermo del portatile e ha detto Morgan come il cantante, mi sa proprio che abbiamo un accordo. Poi ha aperto un cassetto e ha preso un fascicolo verde. Ha sfogliato il fascicolo, ha trovato ciò che stava cercando, e ha tirato una bella riga con la biro sopra una certa cifra scritta a computer. Il boss ha detto il debito della tua bella croata è cancellato.

32. Il giorno prima del giorno in cui Morgan ha siglato il suo patto con il boss, Mila la ballerina croata si è esibita in quella che, per sua stessa ammissione, è stata la sua migliore performance di sempre. Mila ha corretto due romanzi in un giorno solo e ha ricevuto i complimenti per certi consigli stilistici non richiesti ricamati sul bordo di uno dei due manoscritti. Dopo di che, Mila è andata alla Feltrinelli, per seguire la presentazione di un poeta locale, un tizio di cui, in realtà, non aveva mai sentito parlare prima, ma una ragazza deve pur curare la propria cultura, anche a costo di buttare una giornata, o ciò che ne resta, alle ortiche.

33. C’è che più che un poeta, il tizio che leggeva poesie alla presentazione in Feltrinelli era un folle. La sua raccolta era uscita per una piccola casa editrice senza nome. La casa editrice ha investito energie per il poeta, e il costo del materiale umano difficilmente verrà ripagato, se non con altro materiale di scarto. Non ci sono pretese di arricchimento, qui, né di fantasiose rivincite.

34. Entrata alla Feltrinelli, dopo aver preso posto in una delle sedie dell’ultima fila, Mila ha iniziato ad ascoltare la lettura. Le poesie le sono sembrate buone, ma quello che non le è sembrato buono, anzi, le è parso inspiegabile, è che il poeta si stava esibendo nella lettura delle poesie tenendo al guinzaglio un ragazzino dall’aria spaesata. Il ragazzino aveva capelli neri come il petrolio e occhi azzurri. Per il resto, era pallido come la malattia. Ancor più strano, nessuno dei pochi presenti pareva aver nulla da ridire circa quell’evidente mancanza di umanità. Come se tutti fossero rapiti dalle poesie decantate dall’uomo. Come se quelle fossero poesie capaci di farti mandar giù anche le oscenità più terribili.

35. Per tale motivo, Mila è rimasta ad ascoltare la presentazione del poeta fino alla sua conclusione. Ha atteso che l’uomo finisse le sue letture e che le persone presenti liberassero il campo, poi si è avvicinata all’uomo e ha detto senta lei, le sembra il caso di tenere un ragazzo al guinzaglio?

36. Il poeta ha alzato lo sguardo su Mila. I suoi occhi, due castagne, hanno fissato gli occhi di Mila. L’uomo ha risposto non è come sembra, e comunque la storia è più complicata di così. Anche se quella frase a Mila è sembrata banale, soprattutto per un poeta, non ha detto niente. Forse perché abituata agli abissi impressi su carta dagli aspiranti scrittori di cui corregge le bozze. Ha lasciato perdere la questione del guinzaglio. Almeno per il momento.

37. È seguito un caffè. È seguita una birra. Mila e l’uomo hanno parlato delle rispettive vite, come avviene in questi casi. Il ragazzo con il guinzaglio non ha detto una parola, anche dopo che l’uomo gli ha sfilato il guinzaglio. Il poeta ha detto tranquilla, il ragazzo più che parlare scrive. In compenso, per tre volte il ragazzo ha provato a sbattere la testa contro il tavolo, con grande violenza. Per fortuna, l’uomo, evidentemente abituato al comportamento del ragazzo, è riuscito a fermarlo in tempo tutte e tre le volte afferrandolo per la collottola.

38. A un certo punto l’uomo ha detto bene, ora noi dovremmo proprio andare a casa. Mila ha chiesto all’uomo di poterli accompagnare. L’uomo ha detto di sì. Il ragazzo non ha detto nulla. L’uomo ha legato il ragazzo al guinzaglio e i tre si sono avviati verso la casa dell’uomo. Giunti al portone, Mila ha detto bene, io allora andrei. L’uomo ha sorriso e ha detto se vuoi salire, faccio un te. Il ragazzo sarebbe contento di avere un po’ della tua compagnia. Mila è arrossita e ha detto allora okay.

39. Le amicizie e gli amori e le alleanze e i complotti, tutta roba che nasce nelle maniere più inaspettate.

40. Il giorno in cui Morgan ha mostrato il video al boss, l’uomo e Mila hanno fatto colazione assieme. Mila è arrossita un sacco. Soprattutto quando ha rivelato all’uomo alcuni tra quei segreti più spinosi capaci di forellarle il cuore. Quando si sono salutati, la donna ha detto all’uomo però non devi vergognarti della tua erre moscia, e nemmeno del ragazzo. E nemmeno delle poesie. Sono due cose bellissime di cui prendersi cura. Quello è stato il turno dell’uomo di arrossire.

41. Poi l’uomo ha detto in realtà le poesie sono roba del ragazzo. Io le leggo per lui. Visto che lui, insomma, come vedi non è proprio un gran chiacchierone.

42. E in effetti molti giorni prima del primo giorno con cui inizia questa vicenda, il ragazzo con il guinzaglio ha passato parecchio tempo a scrivere poesie bellissime, la maggior parte delle quali ha poi strappato e gettato al vento, come coriandoli o fiori o imprecazioni furibonde.

43. Torniamo per un attimo al giorno in cui il boss incontra Francisco. A quando Francisco chiede al boss che favore? Il boss guarda Francisco e dice c’è un certo mio scagnozzo che ultimamente fa le bizze. Per di più, dice che con la poesia ha chiuso, e io non lo posso accettare. Ne va della mia rivista, oltre che della mia reputazione. Il boss dice hai detto che hai a disposizione una pistola. Il favore che ti chiedo è: presentati in un certo indirizzo che ti darò, e aspetta che l’uomo si presenti lì. Fa ciò che va fatto e il video di tuo papà finisce nell’oblio. Francisco chiede quando? Il boss risponde tra un paio di giorni.

44. Andiamo per un attimo al giorno in cui Francisco contatta Mila e le chiede di prestarle l’appartamento. Quando le dice querido, ho un folle bisogno di casa tua.

45. Andiamo per un attimo al giorno in cui Mila riceve la telefonata con cui una voce affettata le dice di fare le valige. Quando Mila si guarda attorno e sospirando dice okay. Per la poesia questo e altro.

46. Andiamo per un attimo al giorno in cui Piero Di Merda e Tortello accompagnano Mila a casa e quando arriva il momento dei saluti, Piero Di Merda dice a Mila c’è una cosa importante che devo dirti, dice il boss mi ha comunicato che devo fare fuori una certa ballerina croata con un caschetto platino di nome Mila che, a quanto pare, sei proprio tu.

47. Andiamo a pochi istanti dopo, quando Mila dice a Piero ascoltami tu, piuttosto. Credo proprio che quello che il boss vuole far sparire dalla circolazione sei tu. Tu, il ragazzo e le vostre poesie future.

48. Andiamo a Francisco, nell’appartamento di Mila, con la pistola, in attesa che l’uomo indicatogli dal boss si faccia vivo. Francisco non è mai stato Benicio del Toro come adesso. Francisco in attesa che l’uomo si faccia vivo. Solo che quello non si fa vivo proprio per niente.

49. Ora possiamo tornare a noi. A Piero Di Merda. Torniamo alla sua ricerca disperata di Tortello. Quando Piero ha detto a Tortello io non ti lego, però capiscimi, anche tu. Ti sto dando fiducia, aspettami qui, non correre ovunque come una pallina di un flipper, stai fermo qui, ti prego, a Piero Di Merda è parso proprio che Tortello abbia sorriso. Piero ha detto non sbattere la testa, che ti fai male. Poi ti esce il sangue e sono cazzi. E Tortello ha cominciato a ridere come uno scemo. E Piero Di Merda ha sentito il cuore implodere. Vado a recuperare la ragazza e torno, ha detto. Aspettami. Poi si è allontanato.

50. E in effetti Piero è tornato nel punto in cui ha lasciato Tortello. Solo senza Mila. Che Mila non era nel punto concordato. Mila non si è presentata all’appuntamento e dunque Piero Di Merda ha pensato bene, peggio per te, io e il ragazzo dobbiamo levare le tende. In realtà il cuore di Piero è imploso per la seconda volta nel giro di pochi minuti. Ma in una storia di gangster e poeti il sentimento non può prendere il sopravvento. Così diciamo che sulle guance di Piero non sono scivolate delle lacrime, quando non ha trovato Mila. Diciamo che Piero è tornato nel punto in cui aveva lasciato Tortello, senza guinzaglio, mannaggia a lui. Lì ha scoperto che non c’era più nemmeno Tortello. Dovevano essere in tre, e invece è da solo. Adesso sì che gli viene da piangere. Sente gli occhi velarsi. Inizia a battere i denti. E in quella visuale offuscata Piero si accorge di due figure, circa della stessa altezza, che si stanno muovendo verso di lui. Piero strizza gli occhi. Mila tiene per mano Tortello. Gli fa cenno di muoversi, di raggiungerla. Se ci fosse ancora un punto a disposizione per raccontare questa storia, forse si parlerebbe di una stanza d’albergo fuori città. Una stanza in cui Piero Di Merda e Mila si stringono forte, dopo che Tortello si è addormentato. Magari ci scapperebbe un bacio. C’è da dubitarne, ma non si sa mai. Si parlerebbe di Mila che aiuta Piero a prendersi cura di Tortello. Di Tortello che scrive la poesia più bella di sempre, lontano da quella fogna di città. Ma non ci sono altri punti a disposizione. Dalla città non si scappa. Fuori fa freddo. La notte incombe. La città è un regno. Gli abitanti della città sono i regnanti di cartapesta. Il tramonto è un lunapark arrugginito. E c’è da crederci, quando si dice che dalla città non c’è via di fuga. La fuga è un’allegoria. Tortello ride. Vi basti questo.


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