di Anna Di Leo
Nicola entrò in cucina con una faccia da funerale: “È morto”.
“Chi è morto?”, chiese la moglie levando a mezz’aria il cucchiaio di legno.
“Il Capitone”, rispose lui annusando nell’aria il profumo del ragù che sobbolliva sul fornello dalle sette del mattino, “è morto stanotte.”
“Ma se ieri sera nuotava nel secchio che era una bellezza”, sbalordì la donna accasciandosi su una sedia. E intanto guardava, incredula e avvilita, la grande padella pronta per la frittura del capitone.
“Non dico dell’anguilla, Natalina”, precisò il marito, “dico del signor Giovanni, Giovanni Capitone, l’amico di mio padre che faceva il Natale con noi da qualche anno.”
Ci fu un momento di silenzioso cordoglio, dopo il quale la moglie guardò il marito, preoccupata: “Nicola, e ora chi ce la presta la Tombola napoletana?”
“La Tombola è niente, ne troviamo quante ne vogliamo di tombole napoletane”, rispose lui, “ce l’ha pure tuo nonno ma siccome è rincoglionito assai non si ricorda dove l’ha messa. Il problema è un altro: chi lo tira il Mercante in Fiera dopo che Assuntina recita la poesia di Natale? Nessuno lo sa fare come lo faceva Capitone, e io la serata di Natale con la Tombola ma senza Mercante non me la posso nemmeno immaginare.”
“È vero”, disse Natalina con la faccia mesta, “si nasce mercanti e lui, Capitone, effettivamente lo nacque.” E aggiunse, pensosa, “Però Nicola non ti perdere d’animo che io forse un’idea ce l’ho…”
“Natalina, non mi fare perdere tempo, il Mercante è una cosa seria, come lo scudetto del Napoli ti avrebbe detto il povero Capitone, pace all’anima sua. Che poi a te, Natalina, ti vengono certe idee…”
“Non fare il difficile”, rispose lei risentita, “lo so che stai pensando al presepio dell’anno scorso, quello con i Puffi. Ma dimmi tu come facevo a dire di no alla creatura: ti ricordi com’era felice tua figlia Assuntina quando l’ho aiutata a mettere i suoi Puffi davanti alle casette e alla grotta? E poi, Nicola mio, che sarà mai! manco avessi messo davanti a San Giuseppe e a Maria la statuina di Mao Tse Tung sottobraccio al Feroce Saladino! Due anni fa non l’hai comprata tu la statuina di Carmelo Bene ubriaco? L’hai pure messa davanti alla grotta… e hai fatto bene! Nicola, che così veramente Carmelo è apparso alla Madonna. Ubriaco, per giunta.
“Allora, sentiamo, qual è l’idea?” tagliò corto il marito, di malumore.
“Il nuovo inquilino.”, rispose Natalina con un sorriso soave, “Il signor Cupiello, quello che si è trasferito qua in estate, al quarto piano, e ha messo sul balcone l’altarino con Padre Pio: è napoletano, verace, come le vongole, come il povero Capitone, pace all’anima sua. Loro, i napoletani, in queste cose di smorfie, tombole e mercanti, la sanno lunga: lo invitiamo e il problema è risolto.”
“Per una volta l’idea mi pare buona, Natalina. Però ce n’è un altro di problema, grosso, e questo tu non lo puoi risolvere. Ci vorrebbe un miracolo…”, disse Nicola sospirando.
“Sarebbe?” chiese lei.
“Il vino”, rispose angustiato il marito, “ho girato i negozi di tutto il quartiere e non ce n’è più neanche una bottiglia. Ne abbiamo solo una e siamo in quattordici, senza contare i bambini. Solo a pensare che ci dobbiamo mangiare il capitone senza vino mi sento male.”
“Ma… Nicola, e allora che sono quelle due casse di vino che stanno sul pianerottolo con una “M” azzurra e oro stampata sul coperchio?”
“Dici davvero Natalina? due casse di vino?… Ma è un miracolo, un vero miracolo!”
Natalina abbracciò il marito “Hai visto? I miracoli esistono. Ringrazia la Madonna, Nicola, e dammi un bacio”, e aggiunse “Buon Natale, cuore mio!”
divertentissimo, quello che ci vuole.
Riccardo, è quello che speravo: che chi lo avesse letto potesse divertirsi tanto quanto mi ero divertita io a scriverlo.