Testo: Manuela Barban
Copertina: rielaborazione di Julio Armenante
Aprile 1994
Ho una missione. Mi hanno assegnato una coppia di umani: lei parla tantissimo e lui sarà l’osso duro. Il primo giorno ho esplorato il territorio. Non ci sono alberi ma c’è spazio per correre, mobili su cui saltare, tende su cui arrampicarsi una lettiera e due ciotole. Ho frainteso l’uso del cestino di vimini con il cuscino morbido, credevo di doverci dormire mentre in realtà si dorme tutti assieme nel “non sul letto”. Dopo la prima notte ho rimediato, anche se ho dovuto scrollare la porta a lungo prima di poter arrivare al “non sul letto”. Questi umani sono decisamente complicati.
Giugno 1994
La prima fase è terminata, l’umana è addestrata a produrre cibo e l’osso duro ha cominciato a interagire con me. Lo faccio giocare con un cordino e sta imparando a tirarmi la pallina. Entrambi hanno capito che quando ronfo sono contenta di loro e che le porte devono stare sempre aperte.
Credo che i miei umani sarebbero interessati a cacciare gli insetti ma quando ne segnalo uno, loro non sono in grado di acchiapparli. Sto mostrando loro la tecnica ma con risultati scadenti: hanno poca pazienza e si muovono lentissimi. Forse devo stabilire degli obiettivi meno sfidanti.
Settembre 1994
È successo qualcosa di inaspettato: i miei umani sono spariti. Una mattina quando si sono alzati l’umana si è vestita con uno strano abito svolazzante e ha impugnato dei fiori mentre l’osso dura parlava con una striscia di stoffa in mano. Ho dovuto scalare ben due volte le tende a righe per avere la mia colazione. Sono poi rientrati seminando riso dai capelli, hanno preso una valigia e da allora li ho persi. Le ciotole vengono rifornita da umani estranei che invece di cucinare estraggono il cibo da scatole. Non vorrei aver fallito in qualcosa, ho paura che mi assegnino due umani diversi. Inoltre temo che il nuovo cibo da scatola faccia ingrassare perché il consueto allenamento di scalata alle tende è limitato solo più a quella superstite: le altre tre si sono staccate, forse perché peso troppo. Per ora ho insegnato agli umani di passaggio la comprensione base dei soffi, ma spero che arrivino presto nuovi ordini. Nel frattempo tengo impegnate le unghie sul “giù dal divano”.
Aprile 1995
La mia missione è a buon punto, dopo un anno di addestramento gli umani hanno imparato a: riempire tempestivamente le ciotole, lasciare le porte aperte, pulire la lettiera e chiedermi con garbo quando giocare con loro. Obbediscono prontamente al ronfare delle fusa: sanno dove grattare e con quale intensità farlo, tanto che oramai li mordicchio solo saltuariamente, giusto per mantenerli in allenamento.
Il “non sul letto” è stato ripartito in maniera equa: metà a me e metà a loro. Per premiarli ho decorato le pareti con delle meravigliose impronte e ho marcato tutti gli angoli con il mio odore. A volte mostro loro come leccare quel pezzettino di pelo che hanno sull’occhio, ma non sembrano interessati a imparare a prendersene cura. Anche gli umani di passaggio hanno imparato il linguaggio base dei soffi e si comportano in modo discreto quando transitano nel territorio.
Febbraio 1999
L’umana è tornata con un cucciolo. L’ho annusato a lungo e mi sembra piuttosto difficile da addestrare: reagisce a pochi stimoli, passa tutto il tempo in un cestino di legno oppure attaccato all’umana. Gli ordini devono essere cambiati.
Aprile 2000
La missione è tutta da rivedere. Il cucciolo è ineducabile: capisce bene il linguaggio dei soffi ma non esegue gli ordini, può essere fermato momentaneamente solo con le unghie. Ma l’osso duro è regredito e mi ha strapazzata più volte per questo. Ho abbandonato il “non sul letto” e ho trasferito i miei luoghi di soggiorno sui mobili alti della casa. Non è, ripeto, NON è una resa ma una ritirata strategica. Mi prendo il tempo di studiare meglio la situazione.
Aprile 2005
Ho fatto domanda di pensionamento. I miei umani ora sono addestrati alla perfezione, hanno anche smesso di trasportarmi avanti e indietro da territori estranei durante i mesi caldi dell’estate. Il cucciolo non mi prende più in braccio e non cerca di infilami quel suo oggetto gommoso in bocca, l’umana ha imparato a riconoscere le scatole che contengono cibo da tutte le altre. L’osso duro sa come grattare dietro le orecchie.
Luglio 2006
La tattica dell’allergene ha funzionato. Anche se ha resistito più del tempo previsto l’umana ha dovuto capitolare. Trascorrerò la mia vecchiaia in questo grande giardino godendomi il sole, le lucertole e la caccia ai topolini. Basta con le lettiere sintetiche. I miei umani vengono in questa casa solo durante i fine settimana ma hanno addestrato il cocciuto ad aprire le scatole di cibo. Mi manca solo un po’ il “non sul letto” ma ho una cuccia molto confortevole con vista sugli uccellini. Trovo interessante interagire con loro senza il vetro della finestra.
Febbraio 2007
Vi saluto cari umani. Non posso migliorarvi oltre, tutto sommato siete stati una bella missione. Alle prossime sette vite!
Che bel ritmo