Testo: Filippo Balestra
Copertina: i collage “Citoplasmi impazziti #1” e “Citoplasmi impazziti #2” sono di Fabrizio Nuovibri
Ormai avevo detto a tutti che avrei capito i confini del mondo e perlomeno del paese che mi stava ospitando che era poi il paese dov’ero, anche, e dove, tra le altre cose, ero nato.
Mia madre mi dice, Dove vai?
Ma questa è un’avventura e dove si parla di avventura non c’entrano le madri. Mia mamma non c’entra.
Mamma, le ho detto, lasciami fare, che faccio l’avventura.
L’idea di base era circumnavigare il paese, solo che le barche costano care e non le so guidare quindi ho pensato faccio un corso mi compro una patente per guidare le barche, ho pensato così e mi sono messo al computer e ho cercato su google prima “soldi”, e sono venute fuori alcune canzoni di rapper che parlavano della propria madre e dei soldi, poi ho cercato “soldi facili” e sono venute fuori alcune canzoni di rapper che parlano della propria madre e dei soldi poi ho cercato “soldi senza madre” e sono venute fuori delle cose che poi non ho capito ho perso la concentrazione non so più cosa stavo cercando.
Che in effetti uno diceva: il problema non è trovare, il problema è decidere bene cosa cercare.
Non trovavo soldi su internet ma ne avevo bisogno per comprare una barca per circumnavigare il circumnavigabile e allora ho continuato a cercare altre cose al computer tipo ad esempio sono venuti fuori alcuni filtri da applicare al rubinetto in modo da purificare l’acqua potabile poi sono venute fuori delle cannucce biodegradabili ma già da un po’ ho definitivamente litigato con tutti i baristi con la categoria nazionale baristi quasi tutta la categoria ho litigato per via della cannucce, che non ce le voglio, che non ce le mettano, e alla fine ho deciso che è meglio bere la birra che nella birra non ci mettono la cannuccia. O il vino rosso. O il vino bianco. O il negroni ad esempio, senza cannuccia ma anche un vodkatonic, gli dici non mettermici la cannuccia e non te la mette, però devi fargli vedere che hai litigato con la categoria e allora ti ascolta e salva una tartaruga, ad esempio, che le tartarughe ultimamente muoiono con le cannucce di plastica nel naso. Anche certi miei amici fanno come le tartarughe con le cannucce nel naso. Ma non c’entra questa cosa con l’avventura come non c’entra mia madre adesso qui così su due piedi.
C’è poi un detective fuori che bussa vorrebbe entrare far parte dell’avventura, mi dice che porta il kit del detective la polvere per rilevare le impronte digitali una lente d’ingrandimento e un machete per avanzare nell’avventura ma io lui questo detective non lo faccio entrare, rimane fuori, io prendo il computer che uso per google mi sposto in un’altra stanza e lui continua a bussare ma io non lo sento più.
Allora su youtube cerco soldi passando attraverso alcuni video di incidenti stradali divertenti, automobili che si cappottano sulla neve sul ghiaccio ma anche alcune senza neve senza ghiaccio si cappottano perché vanno troppo veloce. E questo fin qui è tipico delle automobili. Poi su youtube viene fuori l’idea dello sponsor, me l’hanno fatta venire fuori dei rapper su youtube.
Io quando mi sono imbattuto nella parola “sponsor” ero distratto stavo nello stesso momento anche pensando alla parola “interindisciplinarietà”, e sempre nello stesso momento stavo pensando alla parola “decoincidenza” e poi stavo anche pensando, ad esempio, sempre nello stesso momento, stavo pensando all’idea di “incompletezza strutturale” di un’opera d’arte. Vedi Giorgio Agamben vedi Walter Benjamin vedi Charles Baudelaire ma soprattutto vedi Robert Musil L’uomo senza qualità (da qui in avanti USQ).
Gli dico, Musil, lascia perdere l’incompletezza strutturale, finisci l’uomo senza qualità (da qui in avanti USQ) che vogliamo sapere come va a finire la storia, vogliamo sapere gli avvicendamenti i personaggi le delusioni primigenie da dove arrivano dove vanno cosa fanno poi le delusioni primigenie giù nel corpo vogliamo sapere, vai Robert, vai vai che io devo pensare al concetto di “sponsor”.
Musil se ne va e lo sponsor mi spedisce per posta 5 biciclette della linea “sport”.
Lo sponsor produce biciclette e me ne da 5 e gli dico ok, gli dico, ok grazie sponsor, sei molto gentile, gli dico però sinceramente vorrei una barca, gli dico, che devo circumnavigare il circumnavigabile ma loro mi rispondono che se voglio una barca devo vincere almeno un bando interstatale ed è impossibile, mi dice, lo sponsor, vincere un bando interregionale, interstatale e possibilmente anche intereuropeo, il bando, mi dice, lascia perdere le barche, lo sponsor, mi dice costano troppo, prenditi queste 5 biciclette e fatti delle foto mentre circumnavighi a pedali.
Io mi affrango.
Vuoi circumnavigare il nostro paese? mi chiedono, sì, rispondo, e allora vai, mi dicono, pedala, circumnaviga pure.
Io dico che non ce la faccio e loro dicono pensa ai morti di fame e ai morti per la guerra e ai morti di fame perché c’è la guerra e ai morti di guerra perché c’è la fame.
Io adesso ho 5 bici addosso, con le marce, e non ce la faccio a pensare a tutte queste morti a tutte queste guerre a tutte queste fami, perché io adesso attualmente ho 5 bici a cui pensare e sono veramente troppe per me. Una bici andrebbe bene, potrei anche pensare alla fame e alla guerra e alla morte, con una bici, ma 5 bici sono veramente troppo per me.
Dico mamma, posso lasciarti 4 bici in garage? dice di no, che forse devono spostare la macchina (ma non è vero, non la spostano mai perché poi non sanno dove parcheggiarla). Mi dice che non c’è posto in garage.
E poi, dice mia mamma, lo sponsor prevede che tu circumnavighi con TUTTE le biciclette della linea “sport”.
È vero, mamma.
Abbasso lo sguardo a terra, sono come costernato ma non è la parola giusta anche se, grazie a lei, grazie alla parola “costernato”, vedo i miei piedi. Me li ero quasi dimenticati.
Ciao piedi, quanto tempo.
Loro non rispondono. M’incammino verso Est, inizio il viaggio, salgo su una bici, altre due le tengo con le mani, ma non riesco a pedalare e camminare e circumnavigare contemporaneamente allora mi fermo, mi faccio una foto che testimonia la mia partenza, per ora ho percorso circa 5 metri con 3 bici ma devo tornare da dove sono partito e recuperare le altre 2 bici.
Lì da dove sono partito c’è mia madre che mi chiede Hai fatto lo zaino? mi chiede, ma io non devo andare a scuola, non ho uno zaino, però ha ragione perché è inevitabilmente una madre, inevitabilmente mia madre, e decido allora di tornare a vivere a casa dei miei, prendo lo zaino che avevo per andare a scuola, ci faccio una foto con un hashtag, alcuni allora mi scrivono, sono dei sostenitori che non conosco, mi sostengono, mi chiedono, Come va il viaggio? ma io non rispondo perché non so cosa dire e poi adesso ho attualmente fame allora apro il frigo dei miei e ci sono dei prosciutti veri che sono formaggi e salumi inaspettati che sembrano un paesaggio tipico nel frigo dei miei, contemplo il paesaggio di questo paese qui, nel frigo dei miei, guardo meglio e vedo che c’è anche Musil, nel frigo dei miei, Musil ben felice di stare nella sua incompletezza strutturale e lì, fermo, mi guarda come se non volesse dire niente ma mi volesse comunque parlare.
E sto allora quasi quasi io per parlargli ma è morto, è Musil, visibilmente morto, e la sua incompletezza strutturale sembra essere giunta finalmente a compimento.
Decido di toccare il corpo di Musil, per avvicinarmi a lui, faccio una lieve pressione sul torace cadaverico di Musil e per un attimo sembra respirare ancora. Forse anche la sua morte è rimasta così, un po’ incompleta, nel frigo dei miei.
A questo punto me lo chiedo e glielo chiederei, mamma, hai messo tu Musil nel frigo? ma mi viene subito paura possa capire muesli e allora non le chiedo niente perché non sopporto le brutte figure, soprattutto quelle degli altri, soprattutto quelle dei miei.
Nel frattempo mi arriva un altro messaggio di incoraggiamento da parte dei sostenitori che non conosco, sono sostenitori dello sponsor, credo, forse sono pagati per sostenermi, forse, allora mi rivengono in mente le bici che ho lasciato fuori, vado a vedere se me le hanno rubate come succedeva in quel film neorealista, quel film dove a un certo punto tirano una giraffa giù da una finestra, sarebbe perfetto se mi avessero rubato 4 bici, andrebbe bene anche 3 rubate andrebbe bene ma no, non me le hanno rubate, le guardo, mi guardano, sono tutte lì, 3 in là di 5 metri e le altre 2 ferme, come all’inizio.
Rispondo ai sostenitori, mi faccio una foto alla faccia, sulla faccia ci metto un sorriso estremo, fortissimo, un sorriso quasi pericoloso da quanto è sgargiante e comunicativo e gli scrivo Cari sostenitori, sono contento che mi sostenete, voi siete con me, io sono con voi, sto già circumnavigando per scoprire questo paese, i suoi confini, questo paese come una linea retta da A a B, questo paese, tanti saluti a voi, mi troverete con le mie 5 biciclette, passerò a trovarvi casa per casa, cari sostenitori che mi sostenete, cari, baci, e chiudo con un’altra foto del mio piede che tocca un pedale di una di queste 5 biciclette a caso e mi viene in mente Xavier De Maistre, con il suo viaggio intorno alla sua camera e non dico niente, mi faccio un’altra foto e non la invio a nessuno, mi faccio una foto e me la guardo per capire i limiti del mio corpo per capire dove sono i miei confini.
Mi tasto e mi sento, lo sono, roboante, stracolmo carico di potenziale che sprizza potenzialità da tutte le parti. Un’infinità di direzioni che partono tutte dal centro di me, di me che ho un baricentro come tutti i corpi immersi nei liquidi che ricevono una spinta, poverini, di me che adesso sono qui a casa dei miei e mi faccio spedire per posta un paio di occhiali da sole che arrivano subito, li indosso, faccio un’altra foto alla mia faccia.
Sprizzo potenziale, ho 5 bici, i piedi, lo zaino, i genitori, il frigorifero dei genitori, formaggi salumi, Musil.
Mamma, dico, c’è del pane?
Sì, dice lei.
E allora ho 5 bici, i piedi, lo zaino, i genitori, il frigorifero dei genitori, formaggi salumi, Musil e anche del pane. Mi faccio un panino spettacolare, ci metto tutti i salumi tutti i formaggi, sono così travolto dal mio stesso entusiasmo fuori controllo che dentro al panino per un attimo sto per metterci sia Musil che i miei piedi ma mi fermo prima, prendo un piatto, ci appoggio il panino, lo fotografo, lo mangio, aspetto 46 minuti faccio vedere la foto ai miei sostenitori e gli dico che sto per mangiare il panino, non possono sapere che l’ho già mangiato, non è importante che lo sappiano, sono contenti, mi chiedono un’hashtag e gli do subito un’hashtag che fa così:
#pausapranzo