di Francesca
Copertina: Paesaggio lunare osservato da Marte che fatica a comprendere – Julio Armenante
Agosto. Le tre e mezzo di pomeriggio, caldo soffocante.
Mentre percorro la tangenziale un brutto pensiero mi attraversa la mente, complice anche il cielo coperto, nemmeno un raggio di sole ad allietarmi la vista.
Penso “Questo non è un buon giorno per morire” poi mi dico che sono solo paranoie.
“Finché mi trema l’occhio va tutto bene” mi dico.
“Oh, cazzo” realizzo “da quant’è che non sento l’occhio tremare?”
Arrivo, parcheggio e chiamo mio marito.
“Sono già dentro, il bimbo sta dormendo nel passeggino” sussurra.
Li raggiungo e dopo pochi minuti ci fanno entrare.
“Buongiorno, come va?” dice sorridendo il medico.
“Bene bene, grazie” rispondiamo entrambi stringendogli la mano.
Ci accomodiamo, qualche domanda di routine.
“Hai nausea?”
“No, solo un po’ verso sera”
“Perdite?”
“No, nulla”
“Qualche disturbo particolare?”
“No, sono solo stanca””Bene, accomodati pure sul lettino e scopri la pancia”
Mi sistemo sul lettino, il cuore in gola ma fingo di essere tranquilla. Mio marito da un lato e il medico dall’altro. Luci spente, solo quella del monitor.
Quando la sonda dell’ecografo tocca la pancia sento un leggero sussulto e guardo subito il monitor. Vedo un cerchio vuoto e un silenzio anomalo.
Il medico inizia a girare premendo un po’ di più.
“Hai messo delle creme?”
“No, nulla”
“Ultima mestruazione?”
“Diciannove maggio”
“Ti dispiace se ti faccio quella interna?’
“Ci mancherebbe”
Inizio a sentirmi girare la testa e mi viene da piangere. Tremo ma faccio finta di nulla.
“Togli pure solo le mutande, la gonna la puoi tenere se vuoi”
“Sono pronta”
Infila la sonda e lì si vede il bimbo. Immobile. Silenzio.
Lui la muove con un po’ di forza, dando dei colpi all’interno dell’utero e il bimbo saltella mosso dalla spinta.
“Ragazzi, non ho una buona notizia”
“Non c’è il cuore” dice mio marito.
“Non c’è il cuore” ripete dispiaciuto il medico.
Io sento un rumore assordante ma intorno a me solo silenzio.
Mi pulisco e mi rivesto dietro al paravento.
Sono inebetita.
Ci sediamo di nuovo, il medico alla sua scrivania e noi di fronte a lui. Il bambino nel passeggino non si è svegliato. Nessuno sorride più.
“Secondo i calcoli la crescita si è fermata due settimane fa, ricordi qualche cambiamento?”
“No”
“Sei caduta, hai preso delle botte?”
“No”
“Mi dispiace molto, non si sa bene perché capitino queste cose, a volte non c’è un motivo preciso. Si chiama aborto interno, anche detto silenzioso”
“Sì, era il mio terrore con la prima gravidanza”
“Domani mattina ti chiamo per il raschiamento. Farò il prima possibile perché non voglio che tu stia altri giorni così, non ti fa bene psicologicamente”
Nella sala d’attesa dell’ambulatorio mi lascio andare a un breve pianto abbracciando mio marito, poi corro in bagno e cerco di riassestarmi un attimo.
Pago e sempre in silenzio ci incamminiamo nel parcheggio.
“Lo porti a casa tu il bimbo?”
“Certo, ci vediamo a casa. Dammi un bacio”
Li lascio andare avanti e io mi fermo lì in macchina.
Guardo fisso davanti a me, nel vuoto, e inizio a piangere, urlando.
Sono stata per due settimane con un bimbo, il mio bimbo, morto in pancia. Lo accarezzavo e ci parlavo. Mangiavo sano.
Quando è successo? Come? Sarò stata io? Doveva andare così?
Arrivo a casa.
“Dì a tua mamma di non salire, non la voglio vedere” dico a mio marito.
Suona il telefono – papà.
Suona il telefono – mamma.
“Ci sentiamo poi” invia messaggi ad entrambi.
Non rompetemi il cazzo.
Non rompetemi il cazzo.
Anche tu, bimbo mio, non mi rompere il cazzo.
Silenzio.
Zitti.
Non voglio niente, solo che il bimbo che ho in pancia sia ancora vivo.
Non ho fame, non ho sete.
Non ho sonno, non voglio fare nulla.
Non ho caldo, neanche freddo.
Voglio stare qui sul divano, seduta e fissare la tv spenta.
Non voglio nemmeno piangere, ma lo farò tutta notte mentre sono a letto. Lo farò il mattino dopo appena sveglia e lo continuerò a fare ogni volta che ci penso. Anche ora che sto scrivendo. Ma possibilmente sempre sola, è una cosa privata, non guardatemi.
Erano solo tre mesi.
Ne hai un altro.
Dai riprovaci, non mollare!
Vedrai che passerà.
Queste stronzate tenetevele per voi, non aiutano. Sapete cosa è apprezzato?
Il silenzio.
Silenzio.
Non dite nulla, non fate nulla che non sia la normalità.
Non rompetemi il cazzo.
Non chiedetemi come sto.
Non cercate di farmi ridere.
State solo rompendo il cazzo, mi dispiace.
Ho un bimbo morto in pancia.
È morto senza fare rumore, in silenzio.