di Tiziana Franzolini
Copertina: Berlino – Andrea Herman
« Ieri sera verso le sette e mezza/otto, sai, aveva piovuto un poco, ti ricordi? E insomma ho sempre il bisogno di guardare che ore siano, non lo so, di sapere che ora è, allora ho preso il cellulare e quando ce l’avevo lì in mano ho capito che non lo stavo guardando per l’ora e basta, ma per, sai, sentirmi meno solo, ed era una sensazione strana, sai, vedere se c’è qualcuno che ti pensa, che ti scrive, che insomma in quel momento importi a qualcuno e non sei solo del tutto. Così poi l’ho rimesso via, mi ero confrontato con l’ora e l’ho rimesso in tasca e dopo averlo rimesso in tasca ho cominciato a guardarmi intorno.
Ero in macchina, stavo tornando a casa, è un percorso che conosco bene, poca strada, potevo permettermi di guardare un attimo il telefono. Ho cominciato a guardarmi intorno, aveva appena piovuto, il cielo aveva un colore scuro, bluastro, e c’era quell’atmosfera che segue la pioggia quando è sera a maggio, una luce forte eppure scura, tutto così fermo e un po’ conciato dall’acqua e… io non piango spesso ma non so perché in quel momento quell’atmosfera mi ha messo una incredibile tristezza e ho pianto, ero in macchina e piangevo. Poi quando ho smesso di piangere mi sono sentito così felice.
Era una felicità così pura, inedita, che non avevo mai provato prima e ho capito allora che solo attraverso il dolore si può arrivare alla felicità, perché altrimenti non te ne rendi conto davvero, e allora… non so com’è la tua situazione, ma credo che sia il fulcro delle relazioni, non puoi essere felice se non hai sofferto e sta tutta lì, forse, la faccenda. È come se… se io mi tocco il dito ora non sento niente, ma se mi giro l’elastico intorno, stretto, per qualche minuto e poi lo libero, se poi tocco il dito allora sarà quasi una sensazione piacevole.»