Testo: Francesca Avoledo
Copertina: Tutti abitiamo le città – Antinomio
Ci si chiede, comunque, chi sopravvive di più su questa Terra X o meglio quelli che non se lo chiedono non li considero neanche X quelli che credono l’uomo immortale sono gli stessi che non ti conoscono + comunque ti scrivono complimenti bel visino in chat + ti scrivono sei tanto bona – mi fate ridere = proprio ridere ridere soltanto – mi dispiace, mi dispiace moltissimo per le vostre madri che ci hanno messo tutte le buone o cattive speranze ma + vi hanno concepito con quei minuscoli bachi di seghi X però non qui nel laboratorio della serra X qui, nel laboratorio della serra, tutti non fanno altro che chiederselo X tutti i giorni X tutti i giorni X e Paolo detto Paoletto Drosofila + è l’unico che veramente + ma veramente lo fa per diletto X l’unico che ride quando l’incrocio è un cachi grappolo più piccolo di bacche d’uva Cardinal + la dottoressa, sfiancata, è la sua guerra di ripetergli che la direzione del commercializzabile non coincide con quel genere di svago da piccolo dio del regno vegetale in permuta X e Paoletto Drosofila è sempre lì a raccogliere scommesse-natura + come = un caffè che aptenodytes forsteri sopravvive all’uomo pure se adesso è specie a rischio = facciamo un tramezzino alle macchinette = cinque euro che sarcophaga carnaria sarà il principale vettore dell’estinzione umana su questo pianeta Terra X e tu: te lo offro un caffè, Drosò + te lo offro ma non scommetto – però smettila di giocarti lo stipendio alle macchinette come se fossero operatori dello spazio probabilità della mutazione del gene X ma te lo offro, Drosò X tanto chi lo può sapere X non certo noi che siamo puttane mortali + impermanenti + improvvise e brevi vergini tutte + disperate per la sconsiderata rapidità dell’illusione esistenza = su questa terra per un attimo sconfortate e ultime. FERMO.
Dai miei ventitré anni non ho mai smesso di vedere lo stesso terapeuta. 1. Il terapeuta era un uomo dall’aspetto piacevole, un uomo vero < ma a vent’anni non lo puoi controllare di chi ti innamori. 2. Tornavo tutti i sabati da Roma con il trenitalia Tiburtina-Isernia X due ore e venti, /cinquanta per trecentosessantacinque per ventiquattro alla meno uno ci sono centonovantanovemila Tiburtina-Isernia in una vita media che parte da quando cominci a prendere da sola il trenitalia Tiburtina-Isernia e non sono poche centonovantanovemila = è un po’ come a dire che il nostro biglietto per l’universo era un Disneyland centonovantanovemila attrazioni e poi stop, dopo un po’ ti stufi, per quanto sia ben fatto, anche del carretto di Peter Pan. 1+2+3 =5. E così in questa progressione didascalica c’è qualcosa che manca. Come diceva il Dottor Mora, c’è qualcosa che lei non dice a se stessa se consideriamo quell’interruzione della continuità-paesaggio-collinare che abbiamo deciso, per dire tra noi, di chiamare direttissimo-alla-madre X e io dottore, ma lei si rende conto fino a che intimo e fondamentale stadio della materia la nostra vita è permeata da fibonacci + 5 + 3 + 2 + 1 + 1 =8. Investita da quale spettacolare arroganza potrei mai dire di capire qualcosa del mondo?, mi chiedo mentre il Dottor Mora mi passa un dito sulla guancia per asciugarmi le lacrime, delicatamente + È un dito grande e forse un po’ sgraziato + Ma un dito che non hai paura di considerare dito-argine + un dito che non ti aspetti di non vedere più da un momento all’altro, quando proprio hai deciso di scaricare delicatamente il peso della testa che esplode di piante e di numeri e di operatori lineari e di sudoku quando non riesci a prendere sonno – e credo che è perché è un dito-pagato, tutto qui. FERMO.
Il Dottor Mora è morto d’infarto l’anno scorso – = aveva il cuore debole e questo è tutto ciò che ho da dire a riguardo X mentre Paoletto Drosofila ci trascinava tutti in quell’assurda storia della cannella che resiste al gelo X mentre a mio padre si spegneva il cervello + io mi chiedevo se dovessi aprire un B&B < Nella tenuta di nonna fuori Isernia X abbandonare tutto, tutto, tutto, l’azienda + il laboratorio nella serra + tutto X mi mancava del Dottor Mora l’accento : le mani : le dita : i capelli : il riprovevole catalogo dei suoi libri sulle sue mensole : pagarlo : pagarlo : essere al sicuro : disprezzare la percentuale di spazio che occupava in centralissima vista il De Trinitate in dodici volumi e il De Anima = mi sono presa tre settimane di malattia e ho costruito una stanza cieca per la sporazione di Psylocibe Cubensis, un fungo psicotropo non vietato dalla legislazione italiana X ho intenzione di alimentare il mio diorama di formiche africane variante Siafu + = per cancellare ogni traccia di uovo di insetto nel raggio di un chilometro dal mio giardino di casa X ma ho anche lavorato all’uncinetto ogni tanto. FERMO.
Diceva Paoletto Drosofila del sognare i funghi X non c’è una precisa simbologia – un uomo così piccolo rispetto al dottor Mora – e certo non si salvava al letto X Diceva: le piante ci parlano con lo stesso linguaggio con cui dio ha scritto sulla materia che saremmo dovuti nascere noi X diceva mentre veniva e io sentivo poco, veramente poco o niente: io sono dio X e io ridevo e gli dicevo di smetterla X ridevo, e lui rideva ed eravamo tristi X io almeno ero triste lui non lo so veramente + non posso smettere di vedere simboli ovunque X non posso smettere X NON POSSO SMETTERE X Perché, Dio, hai scritto ovunque X perché cazzo hai scritto ovunque X perché cazzo X AIUTO X STOP.