Periplo #6 – Il parco di Dio

cover di Carlos "Caíca" Do Souto: cartonato per foto in Tierra Santa

Testo di Alberto Bile Spadaccini
foto di Fernando Capalbo e Carlos “Caíca” Do Souto

A Enrico, per la zamba

Come Ulisse legato all’albero della nave per non cedere al canto delle sirene, mi tengo forte al corrimano dell’autobus e ignoro tutta la bellezza dell’autunno di Buenos Aires. Scendo, supero i pescatori indolenti sulle sedie a sdraio e le correnti imbizzarrite del Río de la Plata. Punto senza indugi la meta del mio pellegrinaggio: Tierra Santa, l’unico parco divertimenti religioso al mondo.

Smaltisco la coda di famiglie elettrizzate e corro alla Piazza Romana. È iniziata la Via Crucis. Come in un film muto, gli attori interagiscono con movenze esagerate, mentre una narratrice microfonata riporta pensieri e parole. Parte una cumbia simil-araba: sulle scale del Palazzo Romano, Ponzio Pilato si lava enfaticamente le mani e fa l’occhiolino a chi scatta foto. Una musica alla Metallica accompagna le frustate dei romani. Il processo a Gesù è una triste ballata in rima sbilenca, che però, man mano, si trasforma in un crescendo di percussioni sbarazzine. Verrebbe voglia di ballare, ma forse non è il caso. Quando Barabba scopre che ha vinto lui il ballottaggio, poco ci manca che faccia il gesto dell’ombrello. Gesù rivolge lo sguardo sofferente verso il cielo, o meglio verso il volo AR1671 per San Martín de los Andes. È appena decollato da Aeroparque, l’aeroporto di Buenos Aires vicino alla Gerusalemme di cartapesta e poliuretano.

Foto di Fernando Capalbo

I romani trascinano Gesù verso il Golgota. Li inseguo. La folla corre fra le capanne come in un videogioco: ombra, luce, cammelli, urti, gomitate, urla. Il tutto in questo gialliccio, confuso “oriente” nato nel 2000, un oriente che comprende Lutero e Gandhi (?), Eva pin-up e Lazzaro che sembra fare aerobica. Soprattutto: moltissime finte pecore dallo sguardo malvagio.

Un centurione sbraita: «Dietrooo, state indietrooo!»: per ricreare l’atmosfera dell’epoca, certo, ma anche per intimare davvero, alla gente di oggi, di stare indietro. Ci trasforma nel popolo di Gerusalemme del I secolo, solo che non ci accalchiamo per asciugare il volto del Messia, ma per farci un selfie con lui.

Sparito Gesù, il centurione che prima ci frustava ci invita cortesemente ad andare nello spiazzo dietro l’Arca di Noè, dove avrà luogo la Crocifissione. È come una festa patronale, ma senza radici antiche: un luogo di fede e svago costruito a tavolino, una comunità che cambia ogni giorno e paga il biglietto.

Foto di Carlos “Caíca” Do Souto

Sotto la croce attacca la band, la guida un chitarrista in saio con una fascia alla Jimi Hendrix: una specie di Jesus Christ Superstar trash. Arriva Gesù sanguinante, la musica aumenta di intensità: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni». Squillano cellulari. Molti genitori pensano sia una buona idea portare i figli a vedere il martirio di un innocente: bimbi affranti piangono a dirotto.

La narratrice ci suggerisce di «vedere il mondo come lo vede Cristo dalla croce». Quello che Cristo vede da questa croce, adesso, sono i grattacieli e campi da golf dell’empia città, e, all’interno delle mura di finti mattoni, un’arca di Noè, una serie di statue che lo rappresentano in modo incoerente e un mare di smartphone. Gli fischia il microfono: nessuno ride, tranne me nel profondo del cuore. «Ecco tuo figlio», dice al Padre, o forse all’AR1605 proveniente da Mar del Plata.

Foto di Fernando Capalbo

Lo portano via. Hendrix mette fine alla preghiera cantata e dà indicazioni sulle attività dei prossimi giorni. La folla si dirada, qualcuno applaude, io canticchio la ballata.

Ricompaiono gli attori. Maria scherza con Caifa, Pietro con Pilato. Gesù emana bontà, fa selfie con tutti. Gli vengono portati bambini in braccio. Due donne lo guardano voluttuose. Gli faccio i complimenti, lui si porta le mani al cuore.

È l’ultimo appunto che prendo prima della tragedia: mi hanno rubato il cellulare. Smoccolo parole poco sacre: ho il diritto di essere fuori luogo. Di imprecare, in piena redenzione collettiva. Una famiglia mi osserva sbigottita: sto vanificando la loro giornata a Tierra Santa, e portano i bambini lontano da me.

È colpa delle politiche populiste di Ponzio Pilato, mi dico, della democrazia diretta. È stato Barabba.

Foto di Fernando Capalbo

BONUS PIC: Guernica di Tierra Santa, foto di Fernando Capalbo

Periplo è una rubrica curata da Silvia Penso e mariel.
Per leggere di più.


Ti è piaciuto questo racconto? La copertina? La redazione? Tutti e tre?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *